Sul primo sondaggio commissionato a sei mesi dalle elezioni si può dire tutto e il contrario di tutto. Però questo sembra quasi finto tanto corrisponde a una realtà percepita (come la paura) che non ha bisogno dei numeri per risultare terrificante per chi si affanna a cercare vita a sinistra. Anche qui a Milano. Che il re è nudo è un fatto, ma nessuno ha ancora il coraggio di dire che è anche in avanzato stato di decomposizione.

Siccome ci sono spunti per ragionare non solo di questa sinistra, diamo coordinate e retro pensiero del sondaggio realizzato dall’Ipsos per il Corriere della Sera. Dicono le malelingue che si tratta dell’endorsement di via Solferino per l’uomo Expo Giuseppe Sala, il quale risulterebbe il candidato sindaco più gradito per il 33% dei milanesi, seguito da Maurizio Lupi con il 28%. Sala sarebbe anche il favorito per le primarie del Pd con il 48% delle preferenze, seguito da Pierfrancesco Majorino con il 22% (le chiamano primarie del centrosinistra ma nessuno ha ancora azzardato un candidato non del Pd, questo è un fatto nonostante le arrampicate sui vetri dei narratori di Sel, gli stessi che un secolo fa candidarono proprio Pisapia). A complicare la faccenda, ieri ci si è messo anche il ministro Maurizio Martina che ha ammesso che Giuseppe Sala “non potrà rimanere a casa a partire dal primo novembre”. Con o senza primarie, alla faccia degli ingrugnati della “sinistra” del Pd che bofonchiano contro il partito.

Ma veniamo ai numeri, tanto più clamorosi considerando che il sindaco di Milano continua ad essere molto apprezzato, anche dagli elettori avversari. Il centrosinistra sarebbe al 32,6% e il centrodestra al 32,2: un vantaggio troppo risicato per continuare a sbandierare la presunta eccezionalità della cosiddetta “esperienza Pisapia”. Questo centrodestra, dato per morto, è vivo. Come è stato possibile nella Milano euforica che sarebbe rinata grazie alla “rivoluzione arancione” e al successo dell’Expo? A guardare altri dati poi viene da pensare che senza Giuliano Pisapia a Palazzo Marino ci sarebbe stato il vuoto pneumatico, e forse è per questo che i partiti che hanno approfittato del suo enorme credito sono nel panico da quando ha deciso di abbandonarli al loro destino. Il Pd sarebbe al 27,6 (percentuale inferiore a nove anni fa quando il centrosinistra candidò il prefetto Ferrante). Sel 2,9 e Prc 1,4. Se uniti (una parola grossa) i partiti della sinistra tradizionale valgono intorno al 4%, nonostante a Milano siano da quattro anni sul carro del sindaco più popolare e ben voluto d’Italia. Ce n’è di che per porsi qualche domanda. E per trovare il coraggio di ammettere che forse non è più sufficiente fare la somma della propria inadeguatezza per invertire una tendenza che sembra inesorabile.

Sono molto preoccupati. In casa Prc (con tasselli della lista Tsipras e neonati di Possibile) sognano ancora il potere taumaturgico dell’unità di questa sinistra e presto presenteranno “un percorso autonomo e alternativo”. Anche se oggi, a Milano, non c’è alcun movimento reale seppur piccolo interessato a questo tentativo di ricompattamento al vertice gestito dai soliti nomi e dalle solite facce. La posizione di Sel, se possibile, è ancora più scomoda e non potrà reggersi all’infinito sullo strampalato assioma del Pd cattivo a Roma e del Pd buono a Milano. Tant’è che anche il primo sondaggio non sembra incoraggiante per il Pd buono. I consiglieri comunali di Sel (che puntano su Majorino) continuano a trincerarsi dietro la stella polare della presunta “continuità con la giunta Pisapia”, ma sanno bene che in quattro anni nel partito che fu di Bersani è successo qualcosa di piuttosto sostanziale. E che Pisapia non c’è più. A proposito: cosa deciderà a Milano il partito di Vendola qualora il dottor Sala dovesse vincere le primarie del Pd? E se invece le primarie non si facessero più? Una capriola per inventarsi l’unità a sinistra all’ultimo minuto potrebbe risultare poco digeribile per l’elettorato, visto che già si ipotizzano percentuali striminzite nonostante l’eredità della “rivoluzione arancione”.

Lontano da tutto ciò qualcosa si muove? Un 42% di milanesi che ancora non sa se andrà a votare, tra cui molti nauseati per i motivi di cui sopra. Poi un incredibile 12% che sarebbe pronto a votare il fantasma di Corrado Passera, segno che c’è un vuoto piuttosto facile da riempire. E, dulcis in fundo, ma dipende dai gusti, un’altra percentuale clamorosa: il Movimento Cinque Stelle, che a Milano non ha lasciato tracce, si attesterebbe al 23%. Qualunque cosa decidano di fare o di non fare, i partiti della sinistra sono costretti a farci un ragionamento. Su piazza potrebbe non esserci più popolo disponibile a farsi incantare sui massimi sistemi per garantire qualche piccola e inutile rendita di posizione. Nemmeno a Palazzo Marino.