La piazza è più vuota del solito. Le transenne disegnano un rettangolo che ingabbia l’ingresso del Duomo. Decine di curiosi si appoggiano aspettando che succeda qualcosa, ma non c’è granché da vedere. Le “autorità” sono entrate da un ingresso laterale, alle fine sui cellulari rimarranno un paio di scatti ricordo a due bare che scivolano nei carri funebri. Il presidente Sergio Mattarella è quello piccolino laggiù in fondo. Ma perché c’è questa gente? Cosa sta succedendo? Niente, è un funerale di stato. Ah.

Tra i curiosi molti sono turisti. Bisogna spiegarlo in inglese o in francese, la settimana scorsa un uomo ha ucciso tre persone in Tribunale, c’era un giudice, un avvocato e un altro uomo che conosceva l’assassino. Ah. E anche in italiano, perché pochi sanno. “Questa tragedia che ci lascia ancora più sconcertati perché si è consumata in un luogo emblematico della vita civile del paese”, come ha detto il cardinale di Milano Angelo Scola davanti ai rappresentanti dello stato, non ha coinvolto la città. Alle 16 in punto Milano ieri non si è fermata, anzi, non se n’è accorta nemmeno. “Non lasciamo che sulle figure di questi nostri cari – ha suggerito Angelo Scola – si stenda la coltre soffocante dell’oblio. Mantenere desta la loro memoria è garanzia di fecondità”.

Il Duomo è pieno per la messa. Ci sono le “autorità”, i parenti, gli amici e i familiari più stretti del giudice Fernando Ciampi e dell’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, uccisi giovedì scorso da Claudio Giardiello. Le loro toghe sono appoggiate sulle bare, sono morti sul lavoro. Pochi minuti prima della messa, nella cripta del Duomo, il cardinale e il presidente della Repubblica si sono appartati con i familiari delle due vittime. Si sono abbracciati, gli occhi lucidi, sussurrando frasi che ogni lutto richiede. Erano presenti anche i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e il presidente della Corte d’Appello di Milano Giovanni Canzio. Quando è iniziata l’omelia, in prima fila hanno preso posto anche il sindaco Giuliano Pisapia e il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni.

“Una sconvolgente circostanza – ha detto Angelo Scola – ci ha convocati in questo Duomo, in qualche modo come rappresentanti di tutti i milanesi e non solo. Il nostro cuore è ancora colmo di angoscia per l’orrore di tre brutali omicidi e di due ferimenti”. Se la sparatoria è “una tremenda espressione di un male inaccettabile”, ha chiesto il cardinale, “come porvi rimedio, come stare di fronte alle bare di questi nostri fratelli?”. Con l’amore, ha risposto Scola, e con “l’amicizia civica”. Per il cardinale, “da queste morti deve nascere una maggiore responsabilità di educazione civica, morale, religiosa, instancabilmente perseguita da tutte le agenzie educative, dalla famiglia alla scuola fino alle istituzioni”. Un compito non solo per chi ha responsabilità istituzionali ma anche per tutti i cittadini.

L’arcivescovo di Milano ha rivolto un pensiero anche a Claudio Giardiello, “questo sciagurato pluriomicida”. L’augurio è che “attraverso la giusta pena prenda consapevolezza del terribile male che ha compiuto fino a chiedere perdono a dio e agli uomini che ha così brutalmente colpito”.

I funerali di Giorgio Erba, la terza vittima, si sono svolti in forma privata ieri mattina nel Duomo di Monza, alla presenza di molti amici e del presidente del Senato Pietro Grasso. “Sono qui come cittadino per stare vicino alla famiglia”, ha precisato in chiesa. “Ciao Giorgio, aiutaci a volare sempre alto” ha detto padre Garascia. Giorgio veva la passione del volo.