Facciamola fuori subito, chiedendo scusa alle migliaia di persone impossibili da contare che hanno invaso Milano come non accadeva da anni (forse dal 1994) e anche ai lettori. Come i “gazzettieri” impongono – così il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia etichetterà dal palco i giornali che non aspettavano altro – tocca occuparsi della contestazione alla brigata ebraica. Un classico che va in scena tutti gli anni nella strozzatura di piazza San Babila, anche se il 25 aprile è tutta un’altra storia.

 

Il contatto avviene quando il rituale del comizio sta per concludersi, mentre il corteo sfila come se fosse su un altro pianeta, troppo distante per darne la misura. Quest’anno gli attori sono più numerosi del solito: un centinaio di militanti filo palestinesi tenuti a bada da poliziotti annoiati e altrettanti manifestanti con le insegne della brigata ebraica. Sono pochi minuti di insulti riassumibili nello slogan “Fuori i sionisti dal corteo”. Lo spezzone incassa e prosegue verso piazza Duomo.

 

Non ci sarebbe altro da aggiungere se non fosse che, allo scopo di “scortarla”, lo spezzone del Pd si è posizionato proprio dopo la brigata ebraica. I militanti del partito di Renzi, in gran spolvero per il 70esimo della Liberazione, si sono rinchiusi in una specie di gabbia. In realtà la loro missione non era altro che un pretesto per esistere in una piazza che ormai li snobba come un corpo estraneo: è andata a finire che si sono cordonati da soli, perché non si sa mai. E avevano ragione. Magliette gialle per l’imbarazzante servizio d’ordine e sguardi smarriti per non accettare provocazioni. Che ci sono state: “Servi, siete servi”. In piazza San Babila, come da copione, ma qui e là anche lungo il corteo, dove nessuno pensava che all’ordine del giorno ci fosse la questione israelo-palestinese. Senza esagerazioni, però, perché questo è il 25 aprile e nessuno, tantomeno il Pd, può permettersi di guastare questa giornata.

 

In fondo l’ha detta giusta il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aprendo il suo intervento al Piccolo Teatro Grassi quando i presenti molto selezionati lo hanno sorpreso intonando Bella ciao: “Come è bella Milano, imbandierata a festa, che si unisce di nuovo per i settant’anni della Liberazione”. Non è solo una manifestazione, sono dieci cortei uno dentro all’altro che tengono insieme forza, debolezza, speranze, disillusioni, rabbia, entusiasmo e frustrazioni di un “popolo” che una volta si definiva di sinistra e che oggi procede a tentoni e in ordine sparso. Inutile fare l’elenco delle soggettività chiamate ogni anno a dare il meglio di sé, per non dire dei tanti politici che qui avanzano sempre in punta di piedi – Milano non è città che si spreca in strette di mano.

 

In coda ci sono tantissimi ragazzi, e questa è la nota più positiva. Piuttosto triste, invece, è la quasi totale assenza di un pensiero sulla tragedia che ogni giorno si consuma nel canale di Sicilia. Una scritta da via Padova, un paio di cartelli e solo un tentativo di lasciare almeno un segno in piazza Duomo: poco prima che inizino i comizi uno striscione cala dal palazzo dell’Arengario – “Liberiamo il Mediterraneo”. Piazza Duomo è sfregiata dalla gabbia che contiene il palco per il concerto inaugurale dell’Expo. I lavori in corso la rimpiccioliscono, il corteo si frantuma e le “autorità” parlano davanti allo spezzone più composto. Il sindaco Giuliano Pisapia almeno ci prova: “Non solo non dobbiamo dimenticare, ma dobbiamo ricordare chi è ancora oppresso per il colore della sue pelle, per il suo credo religioso, per il suo desiderio di libertà, chi fugge da fame, guerra, torture e cerca e spera di trovare chi lo accolga e aiuti come vuole la nostra Costituzione”.

 

Anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, si sofferma su “un fondamentale egoismo da sconfiggere” gettando uno sguardo al di là del Mediterraneo, ma l’affondo più condiviso dalla piazza dice che “non servono egoismi da parte di troppi che pensano di essere uomini soli al comando, la libertà è riconoscere tutti i diritti condivisi”. In quel momento i seguaci del partito unico della nazione sono ancora lontani (e saranno altri fischi quando arriveranno in Duomo). Anche il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia, come il presidente Sergio Mattarella, dice tutto con una frase: “Oggi è una meravigliosa giornata di festa. Che cosa scriveranno i gazzettieri che hanno scritto che ci sarebbero stati incidenti, poca gente, e che dicevano che avremmo tenuto fuori la brigata ebraica?”. Già.