«The Hungarian people is good, not the government», hanno detto alcuni migranti afghani che nei giorni scorsi hanno dormito nel sottopassaggio della stazione Keleti.

Un sentimento probabilmente condiviso – ieri sera- da un centinaio di migranti che, stanchi di aspettare i bus, hanno sfondato le linee della polizia nei pressi del confine serbo e si sono incamminati verso Budapest lungo l’autostrada principale. Nel frattempo non sono mancati i riflessi politici: Orbán ha sottolineato il mancato completamento della barriera posta al confine ungaro-serbo che attualmente non basta a fermare i migranti, portando alle dimissioni forzate del ministro della Difesa Csaba Hende, sostituito con da István Simicskó sottosegretario di stato al ministero delle Risorse Umane per lo Sport.

Secondo Hassad, un giovane siriano di Damasco, in marcia per andare in Austria, «gli ungheresi sono gentili, al contrario della polizia». Si tratta di un punto di vista condiviso da tutti i migranti passati da queste parti: a Budapest, a Bicske o in altre località del paese. Siriani, afghani, pakistani, irakeni, lavoratori, studenti, poveri e benestanti. Tutti in fuga dalla violenza e dalla miseria della guerra. Con la loro partenza, la stazione orientale si è praticamente svuotata ma il giorno dopo sono arrivati altri. Domenica mattina nel sottopassaggio c’erano ancora tende e persone che si lavavano ai rubinetti predisposti dal comune o che riposavano su coperte stese per evitare il contatto diretto col pavimento.

L’atmosfera è apparsa subito diversa da quella dei giorni precedenti: meno gente e nessuna traccia, almeno apparente, di nervosismo. Un clima più disteso favorito dalla presenza di volontari che sul posto hanno creato dei punti per la raccolta e la distribuzione di vestiario, generi alimentari, acqua, prodotti per l’igiene personale e per la cura dei bambini: pannolini, pappe e simili.

Presenti non solo gli ungheresi ma anche molti stranieri che vivono in Ungheria e che hanno contribuito a queste testimonianze concrete di solidarietà. Un’atmosfera distesa domenica scorsa, quasi di festa, con canti, balli e tiri al pallone sotto un sole di fine estate. «Hungarians good people» dicevano e qui. Tra gli ungheresi ci sono quelli che accusano il governo di aver svergognato il paese per non aver voluto affrontare l’emergenza in modo umano. Da tempo gli ambienti progressisti della popolazione criticano l’esecutivo per la campagna intrapresa contro l’immigrazione e per aver incoraggiato la xenofobia, la paura del diverso. Sui social network ci sono qua e là scambi avvelenati tra chi posta fotografie di cartacce lasciate dai migranti al loro passaggio e definisce i medesimi «peggio dei Rom» e chi attacca chi non riesce a capire l’emergenza umanitaria.

Nel paese ci sono sentimenti di inquietudine, ma la propaganda governativa li accentua e non favorisce la solidarietà che diversi connazionali di Orbán hanno invece dimostrato spontaneamente. «Per noi solidarietà significa proteggere i nostri confini» ha dichiarato il ministro degli Esteri Péter Szijjártó in un’intervista rilasciata al giornale austriaco Der Standard . Il capo della diplomazia di Budapest ha inoltre definito non del tutto comprensibili le critiche di Vienna secondo le quali il governo ungherese ha perso il controllo della situazione.

«Da una parte Vienna ci chiede di registrare i migranti e di non mandarli in Austria – prosegue Szijjártó – dall’altra ci critica per la barriera al confine con la Serbia». Una nota diffusa dalla presidenza del consiglio fa sapere che l’esecutivo ha deciso di dar luogo a una campagna informativa sull’immigrazione, nei paesi d’origine dei migranti e in quelli di transito.

L’iniziativa si basa sulla diffusione di volantini sui quali sarebbe scritto che chiunque è benvenuto in Ungheria ma che l’attraversamento illegale del confine ungherese è un crimine da punire con il carcere. I volantini la cui distribuzione, secondo la nota, è iniziata domenica lungo il percorso meridionale che porta alla frontiera magiara, inviterebbero inoltre i migranti a non mettersi nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Secondo il documento diversi stati dell’Ue, tra i quali l’Austria e la Germania, hanno intrapreso azioni di questo genere.

Gli osservatori fanno notare che l’intensità dei movimenti migratori diretti in Europa non accenna a diminuire. Le statistiche crescono, quelle più recenti dicono che da gennaio oltre 165.000 migranti sono arrivati in Ungheria seguendo la rotta balcanica. Finora la barriera al confine ungaro-serbo non li ha scoraggiati, secondo i volontari austriaci non li fermerà neanche quando la struttura sarà ulteriormente rinforzata.