«Dobbiamo andare molto rapidamente verso una politica comune nei confronti dell’Africa. Noi abbiamo aperto una strada e l’abbiamo aperta prendendoci le nostre responsabilità. Quello che vogliamo sapere dall’Unione europea è se su questa strada c’è, a livello politico e con le sue risorse, o se dobbiamo continuare a cavarcela da soli». Sono passati ormai più di due anni dall’inizio della crisi dei migranti, e al di là delle dichiarazioni di intenti quello tra Roma e Bruxelles continua a essere un dialogo tra sordi. O almeno con alcune delle istituzioni europee, come il Consiglio Ue. Proprio in vista del vertice dei capi di stato e di governo che si terrà oggi e domani a Bruxelles, ieri Paolo Gentiloni ha alzato i toni, lasciando intendere come l’incontro non sarà una passeggiata per nessuno.

Sempre a Bruxelles, però, ieri si è tenuta una conferenza internazionale sull’immigrazione voluta dal presidente del parlamento europeo Antonio Tajani proprio come strumento di pressione verso i leader europei che tra i temi da trattare in agenda hanno sì Brexit e sicurezza ma anche l’immigrazione. «Non possiamo perdere altro tempo, serve agire rapidamente e con grande determinazione» ha detto Tajani aprendo i lavori della conferenza alla quale hanno partecipato anche il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker, l’alto rappresentante della politica estera Federica Mogherini, il commissario Ue all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos e il leader libico Serraj (sarà un caso ma il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, invitato, non si è fatto vedere).

E forse anche per questo Tajani non ha gradito le accuse del premier italiano: «Parlare di Europa è troppo generico, Gentiloni dovrebbe prendersela con i suoi colleghi capi di stato e di governo».

Il che non è detto che non accada nelle prossime ore. Riforma del diritto di asilo europeo, a partire da Dublino, e ricollocamenti, sono temi sui quali lo scontro se non sicuro, è quanto meno molto probabile, specie con i quattro di Visegrad, per nulla contenti della procedura di infrazione avviata nei confronti di Ungheria e Polonia per non aver accolto finora neanche un rifugiato. Su Dublino, Tajani loda la riforma preparata dalla commissione di Juncker e annuncia che il parlamento è pronto ad approvarla entro l’estate. Si vedrà poi se passerà il vaglio del Consiglio Ue ma soprattutto se si supererà l’ipocrisia della «solidarietà flessibile» proposta dai paesi dell’Est che continua a penalizzare i paesi di primo sbarco. Al vertice di oggi, l’Italia si presenta comunque anche con un pacchetto di proposte che il premier ha discusso nei giorni scorsi con il presidente della Repubblica Mattarella compresa, se confermata, la nuova regola in base alla quale, una volta salvati nel Canale di Sicilia, i migranti possono essere sbarcati anche in un altro paese europeo e non solo in Italia come avviene oggi. Ce n’è abbastanza per rendere il clima incandescente.

Ma nel dibattito europeo sull’immigrazione è sempre più al centro quanto accade sull’altra sponda del Mediterraneo. «Il punto vero è l’investimento massiccio sullo sviluppo dell’Africa», ha spiegato ieri Mogherini intervenendo alla conferenza di Bruxelles. «È indispensabile un piano europeo per il sviluppo economico e sociale, con la lotta contro il terrorismo e contro i cambiamenti climatici, per la democrazia e per i diritti umani»ha proseguito la rappresentante della politica estera dell’Ue. Su questo sembra esserci l’accordo di tutti, Consiglio Ue compreso. Nelle scorse settimane a Berlino si è tenuta una conferenza sull’Africa voluta dalla cancelliera tedesca e il continente sarà al centro anche del prossimo G20 che si terrà il 7 luglio ad Amburgo, sotto la presidenza tedesca.

Un’attenzione voluta principalmente dalla cancelliera Merkel (che ha già stanziato 300 milioni di euro in progetti di formazione professionale e occupazione destinati inizialmente a Tunisia, Ghana e Marocco) e che trova pienamente d’accordo Gentiloni. Anche Tajani ha sottolineato come investire nei paesi di origine e di transito dei migranti possa aiutare a limitare i flussi diretti in Europa, spiegando come dal Fondo per l’Africa possono arrivare fino a 40 miliardi di euro da destinare in investimenti. «Se non agiamo subito, rischiamo di avere flussi dall’Africa di decine di milioni di persone», ha aggiunto.

Ma davvero sarebbe un problema? Secondo alcuni studi a causa dell’invecchiamento della sua popolazione per evitare il collasso economico l’Europa avrà bisogno di almeno 100 milioni di migranti entro il 2050. Vista così, la questione ha tutto un altro aspetto