L’Austria soffia sul fuoco. Dopo aver annunciato la chiusura del Brennero e addirittura di essere pronti a schierare l’esercito al confine con l’Italia (una cosa che «non si vedeva da un secolo, non vogliamo certo tornare a quei tempi», ha commentato mercoledì un preoccupato Dimitri Avramopoulos, commissario Ue all’Immigrazione) ieri il ministro degli Esteri Sebastian Kurz si è detto sicuro che 300 mila migranti si preparino ad attraversare il Mediterraneo per poi risalire la penisola fino a raggiungere l’Austria. «L’Alto Adige non può diventare un hotspot», ha spiegato.
La cifra – 300 mila – Kurz l’ha probabilmente presa dalle previsioni fatte a marzo dal Viminale sulla base del maggior numero di arrivi registrato nei primi tre mesi di quest’anno rispetto all’analogo periodo del 2015 (18.234 migranti sbarcati contro 10.165, l’80% in più). Ma si tratta appunto di previsioni che, per quanto non sottovalutate dal ministero degli Interni – bisognerà vedere se verranno confermate. Buone, però, per esercitare ulteriore pressione sul governo italiano a poche ore dall’arrivo in Italia della ministra degli Interni Johann Mikl-Leitner (nella foto), attesa oggi a Roma dal collega Angelino Alfano. Scopo della missione sarebbe quello di verificare come l’Italia si sta preparando per fronteggiare un eventuale aumento del flussi migratori e il funzionamento dei quattro hotspot già aperti. Offrendo naturalmente aiuto nel caso ce ne fosse bisogno. «L’Italia non può contare sul fatto che il Brennero resti aperto se arrivano flussi incontrollati di migranti», ha spiegato la ministra all’agenzia austriaca Apa. «Come abbiamo fatto coi paesi della rotta balcanica, Slovenia, Croazia e Macedonia, vogliamo informare anche l’Italia delle misure che adotteremo».

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Vienna conferma dunque la linea dura contro i migranti. A gennaio chiuse il confine con la Slovenia dando il via al blocco della rotta balcanica e contribuendo a intrappolare i profughi siriani in Grecia. Ora punta a fare la stessa cosa con l’Italia. Nel frattempo, però, sposta sempre più la data in cui dovrebbero essere ripristinati i controlli al Brennero: prima marzo, poi aprile, poi maggio ora giugno, secondo quanto riferito ieri dalla stampa austriaca. «Non c’è alcuna data certa, ma è arrivato il momento di dire basta. Lo scorso anno sono arrivati 90 mila profughi, un numero insostenibile che non vogliamo si ripeta anche quest’anno», ha insistito Kurz.
Vedremo cosa accadrà. Di sicuro quella dei soldati austriaci schierati a difesa di un confine ormai inesistente da oltre vent’anni (l’adesione di Vienna a Schengen è del 1995) non è un’immagine piacevole. E solo pensarlo fa tremare i polsi anche per le ricadute economiche che la scelta comporterebbe. Secondo uno studio elaborato da Conftrasporto-Confcommercio la decisione metterebbe «a rischio 140 miliardi di euro l’anno di interscambio commerciale del nostro paese», con danni immediati per le imprese dell’autotrasporto calcolati in 170 milioni di euro l’anno.
L’ipotesi di una reintroduzione dei controlli doganali preoccupa anche la Camera di commercio di Bolzano. Ogni anno il valico del Brennero è attraversato da 11,7 milioni di veicoli, con punte di 50 mila al giorno nei periodi di maggior traffico. In parte, 32, milioni, si tratta di mezzi pesanti, camion e Tir che trasportano 40 milioni di tonnellate di merci ogni anno e che sarebbero costretti a diminuire la propria velocità fino a 30 chilometri l’ora – se non proprio a fermarsi – per consentire controlli attraverso scanner termici in grado di individuare la presenza di persone nascoste. Ogni minuto di ritardo comporterebbe un aumento dei costi di trasporto.
Ci sono poi le ricadute sul turismo. Sei milioni di turisti ogni anno arrivano in Alto Adige da Austria, Germania e paesi dell’est. «Se pure ipotizziamo un calo dell’1 per cento delle presenze, possiamo calcolare un danno di 30 milioni di euro l’anno, con possibili pesanti ripercussioni anche sull’occupazione», spiega Alfred Aberer, segretario generale della Camera di commercio di Bolzano. Ci sono, infine, le inevitabili conseguenze per i tanti frontalieri di entrambi i paesi, costretti a spolverare il passaporto e a sottoporsi a controlli quotidiani per raggiungere il proprio posto di lavoro. Tutti aspetti che fanno riflettere anche al di là del confine visto che a febbraio la Camera di commercio austriaca ha stimato in 1,2 miliardi di euro annui il danno derivante all’economia del paese dalla chiusura delle frontiere.