Per ora il capo della polizia Franco Gabrielli preferisce gettare acqua sul fuoco. E così di fronte all’ennesima minaccia austriaca di chiudere la frontiera con l’Italia se non diminuiranno gli arrivi di migranti nel nostro paese, sceglie di minimizzare: «Con tutto il rispetto per l’Austria, che come paese sovrano fa quello che ritiene opportuno, è un refrain che sento spesso», dice. Per poi aggiungere: «Viviamo in un tempo in cui le autorità parlano di più alle opinioni pubbliche che agli addetti ai lavori». Tradotto: si tratta solo di annunci elettorali.

Sebbene non siano da sottovalutare, le minacce di Vienna in effetti sembrano guardare più alle urne che alla realtà dei fatti. Benché previste per l’anno prossimo, l’ipotesi di elezioni politiche anticipate in autunno non è affatto esclusa e turba pesantemente il governo di coalizione guidato da Christian Kern. Soprattutto per i sondaggi, che danno i populisti della Fpo in testa insieme ai socialdemocratici. Soffiare sull’immigrazione torna dunque utile per provare ad arginare la scalata e la possibile vittoria dell’estrema destra, possibilità che già in occasione delle recenti elezioni presidenziali ha preoccupato non poco l’Europa.

«Occorre mettere in sicurezza le frontiere esterne dell’Ue», avverte così il ministro degli Interni Wolfang Sobotka, per il quale «un salvataggio in mare aperto non può essere un biglietto per l’Europa, perché questo dà ai trafficanti organizzati tutti gli argomenti per convincere la gente a partire per ragioni economiche». Da qui la necessità per Vienna di «chiudere la rotta mediterranea così come è stata chiusa quella balcanica».

Resta da vedere cosa questo significhi. Difficile infatti capire se Vienna pensi più ad attuare un accordo come quello siglato con la Turchia per bloccare i migranti (ipotesi tentata, finora con scarso successo, dal governo italiano con la Libia) oppure se, più realisticamente, gli austriaci pensano di fare con l’Italia quello che la Macedonia ha fatto a suo tempo con la Grecia, ovvero sigillare la frontiera impedendo così il passaggio dei migranti. Qualunque cosa sia, non tiene conto di come stanno realmente le cose. Ovvero che ormai la quasi totalità dei migranti che arrivano in Italia vengono identificati. «Non ci sono le condizioni per provvedimenti di questo tipo», conferma Gabrielli facendo riferimento all’ipoetsi di una chiusura della frontiera. «Se poi qualcuno dice delle cose perché non ha altro da dire le prendiamo per come sono».

Non è la prima volta che Vienna crea dei problemi sulla questione migranti. Solo un mese fa ha annunciato l’intenzione (rientrata in seguito) di uscire da programma europeo di ricollocamento dei richiedenti asilo e alla fine di marzo ha reso noto di aver ripreso i controlli sui treni che passano il valico del Brennero dove, sia detto per inciso, tutti i lavori preliminari per erigere una barriera lunga 370 metri e alta quattro sono già stati ultimati la scorsa primavera. Mentre sempre ieri Sobotka ha annunciato il dimezzamento del tetto fissato per le richieste di asilo accolte, che passano così da 35 mila a 17.500 l’anno.

Intanto preoccupazione per l’aumento degli sbarchi in Italia viene espressa anche dalla Svizzera. «L’Italia ha già registrato una crescita del 60% degli arrivi» in confronto ai primi mesi dell’anno scorso, ha detto ieri il segretario di Stato alla migrazione Mario Gattiker, per il quale «non si vedono ancora gli effetti in Svizzera, ma non è da escludere che una parte di queste persone arriverà nel nostro Paese dal Ticino». Gattiker ha comunque ammesso che l’Italia identifica tutti i migranti e che «le domande d’asilo sono perfino in calo in confronto al primo trimestre 2016».