In attesa di un tweet risolutivo del presidente del Consiglio, o di una slide strappalacrime di coccodrillo che presto indignerà l’Europa, è il ministro degli Interni Angelino Alfano ad inquadrare la situazione al largo delle coste italiane con una delle sue frasi meno discutibili: “Abbiamo davanti sei mesi difficilissimi perché il bel tempo nel Mediterraneo dura fino ad ottobre”. Siamo al meteo. Niente di più prevedibile dunque della ciclica “invasione” (così si esprimono i razzisti) che come sempre viene mal gestita all’insegna di una emergenza che non solo non esiste ma è criminale evocare ogni qual volta i migranti si affacciano dalle nostre parti.

Non sa cosa lo aspetta quel giovane etiope che ieri sera è stato rimorchiato nel porto di Pozzallo (Ragusa) dopo aver rischiato la vita nel canale di Sicilia insieme ad altre 260 persone: “E’ un sogno che si realizza, grazie Italia”. Tutti vorrebbero arrivare nel nord Europa, e ancora non sanno che invece sono sbarcati nel paese meno accogliente e più disorganizzato di tutti. A Pozzallo, dove il centro di accoglienza è già strapieno, sono state allestite sei tende da campo in uno spiazzo di cemento.

I numeri cominciano a rincorrersi e cambiano di ora in ora. Negli ultimi due giorni sarebbero stati soccorsi al largo circa 4 mila migranti, tra cui uno morto – gli sbarcati sono 15 mila dall’inizio dell’anno, ha precisato il ministro Alfano, inverno compreso, quando le tragedie nel mare si consumano senza fare rumore. I migranti sono stati distribuiti alla rinfusa nei porti di Augusta, Pozzallo, Porto Empedocle e Messina, dove non c’è alcuna struttura idonea per accoglierli. Tanto per mettere le mani avanti – come se il governo non fosse colpevole per il solo fatto di farsi trovare impreparato dopo l’ecatombe di Lampedusa dello scorso ottobre – Angelino Alfano si è appellato ancora una volta all’Europa lanciando un allarme di proporzioni bibliche: “Dalla Libia sono pronti a partire tra 300 mila e 600 mila migranti, ed è una stima per difetto”. Emergenza: è questo il copione già scritto dell’ennesima tragedia all’italiana che si consumerà nei prossimi mesi nel mare nostrum. Dove le vittime designate sono perlopiù rifugiati politici, molti provengono dalla Siria e dall’Africa centrale.

Gli ultimissimi arrivati figurano tra i più fortunati, sono le duecento persone che ieri sono state soccorse al largo di Roccella Jonica, nella Locride (Calabria), o le 1049 che ieri sera sono sbarcate nei porti di Pozzallo e Augusta dopo essere state salvate da quattro barconi alla deriva. Sono vivi ma la loro unica fortuna sarà quella di essere alloggiati come bestie in rifugi improvvisati (da gennaio il ministero aveva allertato le prefetture di tutta Italia), nella speranza che qualche video “clandestino” riveli al mondo il grado di inciviltà del paese che li “ospita” (chi si ricorda della doccia disinfestante al centro di Lampedusa?). Altrimenti calerà il silenzio.

I prefetti della Sicilia hanno già allarmato la protezione civile affinché provveda ad allestire campi di accoglienza, mentre il ministro Alfano, dopo essersi vantato di aver salvato migliaia di “vite umane”, ha chiesto all’Europa di difendere le sue frontiere potenziando il pattugliamento del mare. Insomma, la solita esibizione muscolare condita dalla solita retorica lacrimevole che serve per rimuovere un problema politico che ha un nome e cognome, anzi due cognomi: la legge sull’immigrazione Bossi-Fini, una trappola che costringe migliaia di esseri umani a rischiare la vita anche solo per transitare in Italia, quando solo l’apertura di un canale umanitario potrebbe salvare migliaia di vite. Un programma poco popolare a un mese e mezzo dalle elezioni europee.

Tant’è che l’unico gesto politico degno di nota ieri l’ha compiuto Papa Francesco in piazza San Pietro. La benedizione di una croce realizzata con il legno dei barconi naufragati al largo delle coste di Lampedusa. L’ha realizzata un falegname dell’isola e da oggi girerà l’Italia per portare un messaggio di pace e solidarietà. Un bel gesto, ma forse non basta.