Presentato alla scorsa edizione della berlinale nella sezione Forum, 14 Apples è l’ultimo lavoro di Midi Z, una delle voci più interessanti uscite dalla cinematografia del continente asiatico negli utlimissimi anni, territorio che il giovane autore rappresenta emblematicamente in tutta la complessità. Midi Z infatti è regista nato in Myanmar ma di origini cinesi e cresciuto a Taiwan, isola dove attualmente abita, con una produzione che si muove in maniera abbastanza fluida dal documentario ai lungometraggi di fiction.

14 Apples è un documentario girato quasi per caso nel 2017 quando Midi Z, finite le riprese de The Road to Mandalay, ritorna in Birmania per visitare sua madre ed incontra un suo vecchio amico che sta attraversando un momento difficile, non riesce infatti a dormire a causa dei problemi legati alla sua attivièà commerciale. Il film si apre con le immagini di Wang, questo il nome dell’amico, in un mercato mentre compra 14 mele, per risolvere il momento d’impasse anche spirituale in cui si trova, consigliato da un’indovino, l’uomo si sta dirigendo in un piccolo tempio buddista dove rimarrà per 14 giorni e dove consumerà ogni giorno una mela. Più un abbozzo di opera che un documentario fatto e finito, 14 Apples si rivela comunque interessante per svariati motivi, nei pochi frammenti di vita monacale che le immagini di Midi Z ci mostrano, si intravede, per scelta in fase di montaggio di certo, una vita quotidiana dei monaci molto legata al denaro ed alle cose di ogni giorno, con pochissima, se non nessuna, spiritualità. Assistiamo così alle discussioni, anche abbastanza accese, fra due monaci riguardo a questioni di soldi, così come all’inizio del documentario, quando Wang, dopo esser stato rasato, sfila davanti alla gente del villaggio raccogliendo doni, una volta entrato nel tempio, l’occhio di Midi Z si concentra sulla spartizione del denaro appena raccolto.

Nei vari frammenti visivi raccolti in queste due settimane da Midi Z, assistiamo anche alla conversazione fra un monaco buddista e due giovani ragazze che si stanno preparando ad andare in Cina per cercare lavoro, senza sapere bene dove andranno e cosa andranno a fare. Ecco allora che si apre, anche se per pochi minuti, una finestra sulle migrazioni interne al continente asiatico, movimenti di popolazioni in cerca di condizioni di vita migliori e di un avvenire che sia qualcosa di più che l’abitare in un villaggio dove regna la povertà e dove anche i monaci buddisti cercano, molto pragmaticamente, solo di sopravvivere.