Mickey Rooney, il bambino prodigio della porta accanto
Cinema Addio aall'attore che ha attraversato un secolo di Hollywood, dal muto fino ai nostri giorni
Cinema Addio aall'attore che ha attraversato un secolo di Hollywood, dal muto fino ai nostri giorni
«Crescere nel vaudeville mi ha insegnato che ci si deve divertire in qualsiasi cosa si faccia. Niente riesce bene se non ci diverte, perciò io non ho mai considerato quello che facevo un ’lavoro’». Parola di Mickey Rooney protagonista nella sua carriera di quasi un secolo di Hollywood, almeno duecento film dal muto fino a oggi, che è morto domenica scorsa nella sua casa di Westlake Village in California. A annunciarlo è stato uno dei numerosi figli, nati da altrettanti numerosi matrimoni, il più famoso e chiacchierato senz’altro il primo, quello con l’allora diciannovenne e non ancora star Ava Gardner (lui di anni ne aveva ventuno), bellissima, che non saranno stati in pochi a chiedersi cosa trovava in quel tipetto con la faccia da ragazzino che gli è rimasta appiccicata per tutta la vita. Divorzieranno un anno dopo – «Era impossibile starle accanto» dirà lui. E a quello di matrimoni ne seguiranno sette, con sei divorzi, e nove figli – «Sposatevi presto al mattino così se non funziona non avrete perduto una giornata intera» ci scherzava su Rooney.
Eppure non era bello, lentigginoso, piccolo, rotondetto, condannato dal suo aspetto fisico a essere per sempre un «bambino prodigio», anche se questa sua caratteristica è stata a lungo una fortuna. E non solo per il personaggio di Andy Hardy che accompagnerà nella serie di film per quindici anni.
Rooney è il ragazzo della porta accanto, rassicurante icona dell’immaginario collettivo nonostante la vita burrascosa – «Al settimo bourbon o forse era il diciassettesimo ho chiesto alla signorina Birmingham se voleva diventare la signora Mickey Rooney, e lei ha detto di sì» scrive nella sua autobiografia Life is Too Short a proposito del suo secondo matrimonio.
Performer irresistibile, danzatore, pianista, bassista, una bomba di energia sullo schermo, sul palcoscenico e nella vita, Rooney è una macchina spettacolare a alta precisione. A vent’anni è il numero uno al box office, prima del fascinoso Tyrone Power, lo stesso anno – il 1939 – viene nominato agli Oscar come miglior attore per Babes in Arms accanto a Judy Garland – coppia che ritorna in Strike Up the Band (’40), Babes on Broadway (’41) tutti diretti dal genio del musical Busby Berkeley. Rooney è un attore che come pochi sa elettrizzare lo spettatore. «Non sembra quasi umano, si muove come l’acqua, il suo corpo è acceso da una luce straordinaria, e la sua risata incanta» scrive di lui il critico americano David Thomson.
Forse perché sulle tavole di un palcoscenico c’è sempre stato, figlio d’arte, la mamma Nell Carter era una danzatrice del burlesque, il padre un comico. Così il piccolino impara dalla culla a ridere e a piangere a comando, a controllare muscoli, nervi, battuta, umorismo, emozioni, un allenamento che saprà mettere a frutto nella sua futura carriera e che lo rende capace di affrontare qualsiasi dimensione spettacolare.
Mickey Rooney nasce il 23 settembre del 1920 a Brooklyn come Joseph Yule Jr. Sarò la mamma a portarlo alla prima audizione, leggendo che Hal Roach cerca dei bambini per Our Gang (Simpatiche canaglie), e qualche settimana dopo i due sbarcheranno a Hollywood. Le cose però non vanno bene, ma questo non ferma il piccolo Joseph, il cui destino di «bimbo prodigio» sembra segnato. Esordisce sullo schermo nei panni di un monello, Mickey McGuire, del quale «ruberà» il nome d’arte, nella serie di cortometraggi ispirata al fumetto Toonerville Trolley (il primo in cui ha un ruolo da protagonista, Mickey’s Circus, si pensava perduto, ne è stata ritrovata una copia in Olanda).
Mickey ha cinque anni, da allora non smetterà più nonostante gli alti e bassi di una carriera movimentata come la sua esistenza. Impulsivo, collerico, «mercuriale», a quarant’anni è uno dei divi più pagati d’America, poco dopo finisce in miseria riuscendo però a risalire ogni volta. Rompe con l’Mgm, apre una sua produzione, fa film di serie B, e quando proprio non ce la fa va a giocare a Las Vegas come scrive ancora in Life is Too Short.
Dice: «La vita a tante fessure e io spesso ci sono caduto dentro». Quella dell’eterno ragazzo per esempio. Crescendo, e nei momenti bui della sua carriera confessa spesso pubblicamente che avrebbe dato dieci anni di vita per essere più alto del suo (quasi) metro e sessanta, e per avere un’aria diversa,
«In lui si mescolano Jimmy Cagney, Humphrey Bogart e King Kong … Mickey è l’enfant terrible originario» scrivono i critici americani dell’epoca. A tredici anni viene scelto per il ruolo di Puck nel Sogno di una notte di mezza estate diretto da Max Reinhardt (1934), che ne rimase così colpito da volerlo anche nella versione cinematografica diretta un anno dopo insieme a William Dieterle. Tra il 1936 e il 1944, sotto contratto con la Mgm, gira decine di film; da Little Lord Fauntleroy (1936) a Capitani coraggiosi (1937) di Fleming. Ma è col personaggio di Andy Hardy che Rooney diviene l’adolescente più famoso d’America. La serie – che va avanti fino al ’44 – lo trasforma nel «fratellino ideale» o il «figlio esemplare»: tutti vorrebbero quel ragazzo che ama le fanciulle e le automobili, un po’ combina guai che che alla fine fa sempre la cosa giusta. Perché nella famiglia Hardy i problemi si risolvono parlando da uomo a uomo, tra il padre, il rigido e integerrimo giudice Hardy (interpretato da Lewis Stone) e il ragazzetto (Rooney). I film lo vedono crescere, prima componente della famiglia, poi protagonista assoluto accanto a interpreti diversi, tra i quali Judy Garland, un’altra ragazzina prodigio come lui. La serie, ambienta nella cittadina immaginaria di Carvel, nel Midwest, è un racconto della vita americana di «tutti i giorni», in una comunità patriottica, pia e tollerante, come impone la visione ideale del tycoon Louise B.Meyer – c’è un’interessante lettura della serie fatta dall’artista austriaco Martin Arnold che ne rivela i lati oscuri. Sarà Norman Taurog a cercare di «riposizionare» Rooney sullo schermo con il ruolo del giovane delinquente incapace di redenzione in Boys Town (’38), e nel sequel Men of Boys Town (’41) accanto a Spencer Tracy-padre Flanagan, radiografia sociale dell’America rurale – con Don Siegel Rooney sarà un feroce gangster nel 1957, in Baby Face Nelson (Faccia d’angelo).
Negli ultimi anni Rooney era comparso nei Muppets e in Una Notte al museo accanto a Ben Stiller di cui aveva appena terminato il terzo episodio. Nel 2007 insieme all’ultima moglie, Chamberlin, aveva portato in giro il «one man, one wife» dal titolo Let’s Put On a Show.
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