Per entrare subito nel merito di un progetto sofisticato e ambizioso è il caso di rispolverare una volta tanto due vecchi detti popolari «Non tutti i mali vengono per nuocere», «Bisogna fare di necessità virtù». Stiamo parlando di Carnevale non deve morire. (Zeze chiacchiere e pampanelle: viaggio nel Carnevale magico di Michele Schiavino), lo spettacolo allestito da Michele Schiavino con la sua «Associazione Off/cine» il 30 agosto all’Arena del mare di Salerno nell’ambito e a conclusione del cartellone di spettacoli estivi organizzato dal Comune. Che però vista l’emergenza è stato ripensato e riadattato. Non è però un evento come un altro trattandosi di un progetto che parte da lontano dell’operatore culturale, critico e cineasta salernitano Schiavino che ha nel suo dna lavori work in progress su personaggi e temi ai quali è particolarmente legato (da Pasolini a Rossellini, dai movimenti politici a questioni sociali).

In realtà Schiavino, intellettuale non-riconciliato che si è nutrito di Deleuze e Godard, nelle sue operazioni non ha l’ansia di dare uno sbocco definitivo al work in progress, di uscire dall’incompiutezza, di approdare al prodotto «finito» che potrebbe significare lo snaturamento del suo percorso concettuale. «Questo è il progetto di uno spettacolo teatrale bloccato dal lockdown. – dice Schiavino – Nella sua forma originale era un’azione teatrale da commedia dell’arte su canovaccio di Attilio Bonadies, Claudio Rubino e Maria Teresa Schiavino in cui Pulcinella, Pulcinellino, il regista/Pazzariello, i Musicanti e la Morte agivano sulla scena intorno alla proiezione di diversi video sul carnevale popolare che ho realizzato nel corso degli anni. A conclusione dello spettacolo, un corteo col pupazzo di Carnevale/Pulcinella doveva percorrere le strade intorno al teatro seguito dai musicanti, dalla banda e dagli spettatori. Una festa, insomma, perché, come da titolo, questo Carnevale/Pulcinella non deve morire».

La chiusura però ha fermato lo spettacolo ma non il progetto, che si è trasformato in un film, per la regia dello stesso Schiavino, con Angelica Avallone e Giovanni Cerri dietro la macchina da presa per le scene teatrali. Alla fine dei titoli di coda, l’azione è continuata dal vivo sul palcoscenico. Ma il film non è concluso e il suo provvisorio finale è stato infatti riaperto nell’Arena stessa che si è trasformata, al termine della proiezione, in un set aperto, con la partecipazione dal vivo dell’Ensemble popolare del Liceo Musicale «T. Confalonieri» di Campagna.

La serata è iniziata con la proiezione della prima parte del film, girata negli spazi del Piccolo Teatro di Porta Catena e completata in fase di montaggio con riprese realizzate nelle strade di Bellizzi, Montemarano, Mercogliano e Avellino nel corso degli anni da Schiavino.

Alla fine della proiezione sono iniziate le riprese della seconda parte di Carnevale non deve morire con un surreale corteo che porta in giro il pupazzo di Pulcinella in cartapesta, al quale hanno partecipato tutti i protagonisti della farsa. Alla fine del dialogo tra questi personaggi la banda attacca il can-can. Su questa danza finale si mette una provvisoria parola fine.

Il gruppo di lavoro o compagnia teatrale messa in piedi da Schiavino per raccontare il suo Carnevale, era tutta presente all’Arena del mare. In scena Attilio Bonadies (autore anche del copione con Claudio Rubino e Mariateresa Schiavino) nel ruolo di Pulcinella, Michele Schiavino nel ruolo di regista/ Pazzariello, a fare con la sua vistosa e stravagante giacca rossa da raccordo fisico brechtiano tra attori, messa in scena e filmati.

«Il dialogo tra teatro e cinema della realtà, tra la ’religiosità’ dello spazio teatrale e la ’ruvidità’ delle immagini in movimento è stato portato, grazie al montaggio, alle sue estreme conseguenze. – dice ancora Schiavino – Questo film parla non solo della mitologia del Carnevale con le sue declinazioni colte e popolari, con la sua musica e i suoi riti, ma del rapporto, magico appunto, che il cinema intreccia con la realtà e con il tempo: qualunque istante catturato dalla macchina da presa ha diritto a diventare parte del racconto e il tempo stesso può riavvolgersi come una vecchia pellicola e tornare a un istante prima che il film stesso abbia inizio. Una serata complessa in cui cinema, teatro e farsa si sono incontrati sul grande palco dell’Arena».

E qui vengono in soccorso i numi tutelari dell’autore Deleuze e Godard a dare profondità di senso all’operazione. Perché Schiavino sembra seguire certe intuizioni teoriche del filosofo francese in L’immagine-tempo scritto dopo L’immagine-movimento, se non altro perché il suo rapporto con i vecchi materiali è finalizzato a un utilizzo per un progetto «fuori dal tempo». Quello che ha fatto prima, durante e farà dopo sul Carnevale chiama in causa il concetto deleuziano del tempo nel senso che «l’investigazione del mondo che il cinema mette in atto, spezzando tutti legami senso-motori che sino ad allora ne avevano informato ed ispirato l‘immagine, mette immediatamente in questione lo strutturarsi dell’esperienza: la linea retta del tempo, che costituiva l’essenziale della narrazione, si sfalda, si spezza , e sgretolandosi spazza via il senso, creando le condizioni per un indagine che diventa messa in questione del tempo e della memoria».

L’amato Godard entra in gioco dal punto di vista dell’insofferenza verso il racconto tradizionale, della vocazione a spezzare l’ordine «costituito» della storia del cinema, del rimescolamento dei generi e dei modelli narrativi, della riflessione sul linguaggio, del sincretismo visivo-culturale che fa incrociare la tradizione e la modernità, il cinema classico e le avanguardie (geniale la lunga partita a carte, filmata prima negli spazi del teatro, del regista/demiurgo con la Morte che non riesce a fare una scopa, omaggio iconoclasta al bergmaniano Il settimo sigillo).