Si sono svolti ieri a Roma, nella chiesa di S. Maria in Vallicella, i funerali del fisico, storico della scienza e militante Michelangelo De Maria. Mimmo, come lo chiamavano amici e compagni, nelle sue lezioni alla Sapienza ricordava spesso con ironia gli anni della militanza più accesa, quel ‘68-’69 vissuto nelle file di Avanguardia Operaia tra occupazioni universitarie romane e il maggio parigino. In seguito aderì al Pdup e collaborò con il manifesto. Era meno propenso, tuttavia, a soffermarsi sulla convergenza di qualche anno dopo tra i suoi percorsi politici e di ricerca. All’inizio degli anni ‘70 i fisici finirono nella bufera: con le rivelazioni dei «Pentagon Papers» il mondo intero apprese che alcuni delle migliori menti degli Stati Uniti, come il premio Nobel Murray Gell-Mann, avevano segretamente istruito il loro governo su come bombardare con più efficacia i vietnamiti usando armi di distruzione di massa.

TRA CHI SI INTERROGAVA sul ruolo degli scienziati c’era un fisico piemontese trapiantato a Roma, Marcello Cini. Fu lui a convincere la Società Italiana di Fisica a dedicare al tema l’edizione 1972 della scuola estiva di Varenna. Ne seguirono appelli pacifisti e dure contestazioni contro i fisici che avevano collaborato con i militari. De Maria, giovane assistente alla Sapienza, seguì Cini nelle contestazioni e poi nell’elaborazione teorica e nella carriera accademica. Tra il 1970 e il 1976, insieme a Giovanni Ciccotti e Giovanni Jona-Lasinio, De Maria e Cini pubblicarono i saggi che confluirono nel celebre L’Ape e L’Architetto, un’originale e incendiaria analisi della mercificazione della fisica nell’era capitalistica.

Per De Maria fu anche l’inizio di un nuovo percorso di ricerca. Per alcuni anni si trasferì negli Stati Uniti per conoscere meglio le massime istituzioni americane della storia della fisica, dallo Smithsonian Institute di Washington al dipartimento di Storia della scienza e della tecnologia di Berkeley in California, entrando in contatto con storici come Paul Forman e John Heilbron. Tornato alla Sapienza negli anni Ottanta, il suo interesse si spostò sull’attività scientifica del primo e del secondo dopoguerra, a cavallo del «peccato originale» di Hiroshima. Con Arturo Russo e Maria Grazia Ianniello analizzò gli studi sui raggi cosmici degli anni Trenta di Arthur Compton e Bruno Rossi, finiti entrambi a lavorare al «progetto Manhattan» che mise a punto la bomba atomica.

Nello stesso periodo, con Carlo Cattani, approfondì la corrispondenza tra Albert Einstein e l’italiano Tullio Levi-Civita. Su impulso suo e di Gianni Battimelli nacquero l’archivio e il museo del dipartimento di fisica di Roma e indimenticati corsi universitari che spaziavano dalla filosofia della scienza eretica di Thomas Kuhn e Paul Feyerabend alla storia della «bomba». Negli stessi anni De Maria fu tra i protagonisti dell’Unione Scienziati per il Disarmo, al fianco di altri giganti della fisica italiana come Carlo Bernardini (ex-senatore del Pci) e Francesco Calogero (Nobel per la pace nel 1995 con il movimenti Pugwash).

QUESTA TRAIETTORIA lo portò ad abbandonare il marxismo delle origini, fino ad avvicinarsi al Partito Radicale, senza smettere di produrre contributi storici originali. Sulla base dei manoscritti e delle lettere di Edoardo Amaldi, rilesse la vicenda dei «ragazzi di via Panisperna» come un esempio di purezza perduta con la Seconda guerra mondiale. Con Lucia Orlando, approfondì la storia dei progetti spaziali italiani come una via alternativa alla ricerca asservita agli interessi militari durante la Guerra Fredda, una ricerca che nel 2009 gli valse la medaglia «Alexander Koyré» dell’Agenzia Spaziale Europea.

Nel corso di una vita, a partire dalla critica del rapporto tra scienza e guerra, De Maria ha inseguito fino alla mitizzazione un’idea romantica di una scienza slegata da interessi economici e di potere. Un percorso umano faticoso, fatto di discese e risalite altrettanto ripide, in cui la storia ha avuto un ruolo decisivo: forse non una maestra di vita, ma una compagna indispensabile per capire appieno i problemi attuali della scienza moderna.

*Professore di storia della scienza all’università di Manchester