Sono 9 i film scelti da Animaphix per il focus ceco, dall’omaggio al maestro mondiale di stop motion surrealista Jan Švankmajer (Praga, 1934) a Michaela Pavlátová, ospite- membro della giuria internazionale, fino all’approfondimento riservato all’animazione contemporanea in collaborazione con la Famu di Praga. Del primo viene proiettato il lungometraggio senza dialoghi mai distribuito in Italia Cospiratori del Piacere (1996), fra horror e erotico-grottesco, con attori dal vero animati come marionette a passo uno. Di Pavlátová (Praga, 1961) si presenta Parole, parole, parole (1991) sguardo ironico su un rumoroso e affollato café, candidato all’Oscar nel 1993; Repete (1995) che evidenzia senza pietà la quotidianità ripetitiva di tre coppie, vincitore di Premio Speciale a Annecy, Orso d’Oro a Berlino e Grand Prix a Hiroshima; Il Carnevale degli Animali (2006), fantasmagoria erotica sulla vivace musica di Saint-Saëns e ancora umorismo sessuale con Tram (2012) dove un’autista cede alle sue fantasie erotiche, Cristallo ad Annecy dove quest’anno ha avuto anche il premio della giuria per il suo primo lungometraggio animato My Sunny Maad.
Coproduzione ceca-slovacca-francese, La mia famiglia afgana è la storia di Herra, giovane donna ceca innamoratasi dell’afgano Nazir. Decide per la svolta radicale e si trasferisce a Kabul dove, non senza difficoltà, pazienza e conflitti culturali, cerca di integrarsi nella famiglia acquisita e nella società post-Talebana. Famiglia e società che, viste da vicino, non appaiono così monolitiche come percepite attraverso i media occidentali. Apre un piano-sequenza d’interno su donne velate variamente affaccendate fino a fermarsi sulla protagonista bionda, vestita allo stesso modo, che osserva. Inevitabili anche i risvolti comici, ma qui la narrazione filmica della regista è più ponderata e incline a una rappresentazione realistica. Al riguardo ci siamo confrontati con Michaela Pavlátová.

Il tuo primo lungometraggio «La mia famiglia afgana» rappresenta un salto dalla tua precedente produzione di corti animati. Come ha cambiato il tuo modo di lavorare?

Se vuoi fare un lungometraggio, hai bisogno che una grande squadra ti aiuti. Questo per me è stato forse l’aspetto più impegnativo, perché sui miei cortometraggi precedenti ho svolto la maggior parte del lavoro da sola e avevo completo controllo sul film. Questa volta, specialmente all’inizio della produzione, mi sono sentita spesso frustrata perché le cose apparivano diverse da come volevo, semplicemente perché erano fatte da altri animatori e non da me. Mi ci è voluto del tempo per accettarlo e rendermi conto che qualcosa sembra un po’ diverso ma funziona bene nel film, e anche che non è necessario controllare ogni linea, ombra, movimento. Penso che la prossima volta dovrò limitarmi al ruolo di regista e non entrare così tanto «dentro» il processo.

Nonostante «l’umorismo gentile» nella storia, per usare le tue parole, tuttavia per temi e anche stile il film sembra assumere un tono molto più serioso rispetto ai tuoi corti. Che cosa ha influenzato questa differenza?

Ho voluto raccontare la storia, che è più adatta a un film dal vero, con l’animazione perché credo che l’animazione lo possa fare. La storia è piuttosto realistica quanto seria e il mio obiettivo era di rispettare il più possibile sceneggiatura e storia. Ho provato a inserire più momenti umoristici e situazioni divertenti nel film, come sono nel romanzo originale. Ma la sceneggiatura è una forma diversa dal libro e sentivo che il film stava «rifiutando» alcune cose, che le situazioni buffe non funzionavano così bene, quindi l’ho rispettato.

Al confronto di «Carnevale degli animali» o «Tram», anche il ritmo risulta più lento. È dovuto al formato lungo, al tipo di argomento o a un diverso approccio personale?

Penso che il lungometraggio animato non abbia così tanto in comune con il corto animato. Certamente adopera le stesse tecniche, ma il ritmo è molto diverso. I corti animati hanno un ritmo molto più veloce, che va bene guardare per 10-15 minuti, ma non per un’ora e mezza. Implicano una diversa «modalità di guardare: lo spettatore deve essere più attivo per analizzare simboli e metafore perché i cortometraggi raccontano storie condensate. Nei film lunghi narri storie più complesse, di solito con più personaggi, più storie collaterali. Hai bisogno di tempo per costruire la situazione, le emozioni. Ma forse il mio lungometraggio è semplicemente lento, non lo so.

La questione afgana è affrontata anche in altre animazioni quest’anno. In che modo l’hai affrontata?

Sì, è un’interessante coincidenza vedere così tanti film animati sull’Afghanistan. Nel mio caso, ho iniziato il mio film senza sapere di altri film «afgani» in lavorazione. Non ero particolarmente interessata in quel paese, ma mi sono innamorata del romanzo Frista della giornalista céca Petra Procházková, che era basato sulla sua stessa esperienza di vita a Kabul. Per me il filo più interessante era la relazione in mutazione fra la protagonista, la ragazza ceca Herra e suo marito, come pure l’elemento dell’essere all’interno della famiglia afgana, per scoprire che le famiglie sono molto simili ovunque tu viva.

Hai anche diretto film dal vero. Che cosa ti fa scegliere fra animazione e riprese dal vero?

Nei film dal vero le cose succedono velocemente, tutto il tempo sei circondata da persone che ti aiutano, devi prendere decisioni veloci – è stressante ma anche eccitante. È bello lavorare con veri attori, vedere la loro interpretazione del ruolo, come pure sentire la «polvere di stelle» che è assente nell’animazione. Ma tutto è così «vero», semplicemente perché è un film dal vero! Mi manca il mio «tocco personale», qualcosa che c’è nell’animazione dove crei tutto da zero. Penso di essermi resa conto che appartengo all’animazione.

Oltre a insegnare sei stata collocata a capo del dipartimento di animazione alla FAMU di Praga. Come concili i tuoi vari ruoli?

Uhhh… A volte non è facile perché tutti i miei ruoli portano via molto tempo, ma mi piacciono davvero tutti. Amo fare film, ma considero la scuola, il nostro gruppo, docenti e studenti come la mia seconda famiglia. Credo di avere un certo vantaggio a non avere figli e di avere un marito molto molto tollerante che mi sostiene.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Ora voglio dare più tempo alla scuola, ma mi sto anche preparando con calma per il prossimo film. Continuo a pensare che la migliore forma per l’animazione sia un cortometraggio personale, ma sento che la mia direzione sia ora di fare un altro lungometraggio animato.