Cappuccetto Rosso è la Fiaba per eccellenza; raccontata e rivisitata in mille variabili, da Charles Perrault a a Carmen Martin Gaite (Cappuccetto Rosso a Manhattan); ce la raccontiamo da diversi secoli attribuendo alla trama molti livelli di lettura come pure sempre nuovi connotati psicoanalitici e ambientalisti dal cappuccio color sangue mestruale che, lo ripetiamo per chi si fosse messo in ascolto solo ora, segna maturità sessuale e appetibilità delle fanciulle che si mettono in cammino per i perigliosi boschi della vita, alla difesa del lupo turlupinato e in fondo tanto buonino. È una storia che si presta e funziona perché c’è il Cattivo per antonomasia, una protagonista ribalda e temeraria, un set selvatico ancora misterioso, l’ intreccio familiare, la malattia e soprattutto un capo d’abbigliamento fatale. Perrault non ci girava attorno: Cappuccetto Rosso si spogliava e si infilava in un letto sbagliato e mal gliene incoglieva. Michele Rak, teorico del mutamento culturale e traduttore di Basile, rinviene proprio in questa sua attitudine a trovarsi nel posto in cui non deve stare l’inafferrabilità e il fascino di Cappuccetto Rosso (così nella Breve storia illustrata della fiaba barocca).

QUEL CHE PIÙ CONTA, questa è la storia esemplare di un divieto e di quel che succede ai suoi trasgressori, la spiegazione illustrata di un pericoloso rapporto causa effetto, diretta come le foto da libro di medicina legale sulle confezioni dellE sigarette; il messaggio di Perrault nel Seicento, prima degli adattamenti ottocenteschi a base di cacciatori che salvano nonna, nipote e talvolta risparmiano il lupo, era preciso e nitido: « I ragazzi e le ragazze giovani e belli non devono dare ascolto alle gente che si incontra nelle pericolose piazze e strade della città moderna» . Monito valido quindi per maschi e femmine (belli, e questo è un poco scorretto), dove il pericolo è d’ambientazione urbana e sta nell’incontro con la gente che gira intorno, e se gli dai retta ti mangia e Miss Italia per te finisce lì, non ti ripesca nessuno. La variante 2021 di Cappuccetto Rosso non poteva che basarsi proprio su (nuovi) divieti e (nuove) paure: l’hanno scritta e disegnata per la Fulmino edizioni di Rimini, in Il lupo aveva un piano Stefania Lanari e Anna Pini, con molta grazia ed equilibrio e senza nominare mai il covid-19.

LA TRASGRESSIONE in era pandemica è andare a trovare la nonna in lockdown, cercando in qualche modo di rispettare le misure precauzionali, lasciarle una torta home made sul davanzale come Yoghi nel parco di Yellowstone e senza mettere piede in casa, parlare con gli estranei per la via tenendo il metro di sicurezza. Cappuccetto è coraggiosa ma assennata, ha le lentiggini, forse non ha il green pass ma un qualche permesso per visita a parente infermo sì e di certo buone intenzioni; il lupo, nel tratto giocoso e adorabilmente vintage di Anna Pini, più che cattivo è in cattività, color azzurro Principe e goffo e tenero come certi rampolli imbranati: non gliene va bene una, somiglia a Willy Coyote, digiuno di torte, nonne e nipoti e con qualche sinistro problema olfattivo sul finale.

NON SENTIRE gli odori in tempo di covid è come cominciare a tossire nei trame dei libretti d’opera lirica, fa subito mal du siecl e non promette nulla di buono. Attorno alla bambina impaziente di rivedere sua nonna Stefania Lanari fa muovere un piccolo coro di comprimari rei di peccati veniali, gente che più che aggirare i divieti cerca di mettere a frutto la poca libertà concessa: Adelina che passeggia nel bosco e raccoglie fiori selvatici per abbellire casa, i Gemelli Tartaglini che si arrampicano su un albero, Oreste che raccoglie frutti di bosco e ne fa marmellate che sanno di libertà, la Guardia del Regno che si concede una fetta di torta, la nonna che va a funghi. Prove di esistenza in vita durante la clausura che in qualche misura abbiamo tutti sperimentato nella stagione del più duro lockdown: In un tempo lontano, tutti i bambini e le bambine rimasero chiusi dentro le loro case recita la quarta di copertina del libro illustrato.
Quel tempo era pochi mesi fa e, memorabile e feroce specie per noi contemporanei poco abituati a stagioni epiche, sembra già remoto (Che restare nel proprio territorio , non lasciare che il prossimo sia prossimo, mettere al centro la Sicurezza, siano anche punti programmatici della Lega alle ultime amministrative porterebbe il discorso su altre comode paure e troppo lontano nel bosco. Ci limitiamo a ricordare il pensiero che Angela Carter attribuisce alla bambina dalla mantellina rossa «quando capì che avere paura non le serviva smise di averne» e sperare in lettori bambini che possano evolversi in adulti capaci di apprendimento, discernimento e fantasia).