Insieme alla ciurma di volontari di Music For Peace, compagni di strada rientrati da Gaza, dopo oltre un mese di missione nei territori occupati, siamo scesi per le strade di Genova.

Alle 10, nella mattinata che rappresenta l’ennesimo day after dell’alluvione genovese, siamo soli in una via adiacente la stazione metropolitana di Brin-Certosa, nel ponente cittadino. La solitudine però dura poco più di un ora: abitanti, studenti e negozianti riempiono in fretta la via, saremo un centinaio e all’ ora di pranzo, con una ruspa in appoggio, abbiamo rimosso tutto il fango. Il viaggio è continuato, tra le varie zone di Genova spostando pale, cuffe e carriole.

Ma non contano le organizzazioni, le associazioni, le istituzioni; contano solo le persone che come una comunità agiscono in piena sintonia eliminando ogni differenza. Ultras, cittadini abbienti e meno abbienti, giocatori di serie A , migranti (tanti!) studenti, anziani, il popolo di una città globale che fa fatica a riconoscersi ancora come tale, ma che si incontra nelle vie nuovamente infangate e alluvionate di una citta fragilissima. Perché queste cose, ormai lo sappiamo, succedono ciclicamente. I letti dei torrenti negli ultimi 100 anni venivano considerati ottime zone edificabili nelle speculazioni edilizie, preziose e rare zone pianeggianti: ci si costruiva sopra a scapito di ogni rischio.

Costruendo argini, nel caso del Bisagno, riducendo il letto originario a quasi un quarto dell’originale. Se questo schema viene applicato a tutti i torrenti e ad ogni rio la devastazione territoriale è compiuta e i risultati sono visibili a tutti. La natura si riprende i propri spazi, l’acqua esonda. Decenni di cementificazione selvaggia non si possono cambiare in pochi anni. Sei alluvioni negli ultimi 4 anni in Liguria. Ora però quello che si può fare è cambiare indirizzo a queste politiche. Il Sindaco di Genova, Marco Doria, non può essere l’unico responsabile di eventi catastroficamente ciclici, di antiche e più recenti responsabilità, dopo due anni e mezzo di governo della città, .

Ma il Sindaco ora è investito,in tutti i sensi, di grande responsabilità politica, insieme a tutti gli amministratori e a quelli che hanno a cuore la cura del territorio. Da un momento di crisi come questo, capace di generare anche una grande attenzione pubblica, si può determinare una rottura governativa o una nuova ripartenza. La catena di allerta e informazione alla popolazione va migliorata, tutti devono essere coinvolti, in modo più efficiente: le istituzioni pubbliche e quelle di rilevazione scientifica, non ultimi i media locali protagonisti oltre che del dibattito cittadino, di una capillare rete informativa e dunque di un eccellente servizio pubblico (con i social media – Twitter su tutti – a naturale supporto). Non vogliamo più sentire rimbalzare le «non-comunicazioni» come responsabilità.

Ci sono poi delle cose pratiche che la cittadinanza si aspetta: annullare ogni tassa comunale alle attività e ai privati colpiti. Quelle attività produttive e quelle abitazioni che sono gravemente a rischio devono essere ricollocate in sicurezza. Nessuno ha la presunzione di pensare che si debbano esodare decine di migliaia di genovesi, ma alcune ricollocazioni sono urgenti e possibili. La pulizia dei torrenti, rivi e caditoie deve essere una priorità, come la messa in sicurezza del Bisagno. Oggi non è nemmeno all’ordine del giorno delle agende amministrative. Infine le grandi opere: come possiamo pensare di spendere 6 miliardi di euro per un tratto autostradale da Genova Voltri a Genova Bolzaneto, o forare le montagne per il terzo valico? Queste opere vanno fermate; vanno invitati anche i favorevoli, a ragionare sull’impatto idrogeologico di queste opere. A questo va aggiunta la quantità ingenti di denaro, non i pochi milioni dello sblocca Italia che sbloccano i miliardi delle grandi opere.

Il capo della protezione civile Gabrielli ha detto la verità: a Genova lo Stato non c’è, non c’era nelle strade, non c’è nelle politiche di indirizzo. Genova ancora una volta ha messo a nudo il paese, con immagini nitide la cui attenzione non può essere spostata o edulcorata da Slide, opinionisti televisivi o dei grandi media, telegiornali, Twitter o annunci «pronto subito!». Mentre scriviamo il prefetto ordina la chiusura delle scuole in tutto il Comune di Genova anche oggi martedi 14 ottobre. Come altri giorni, in città soffia un anomalo vento caldo di scirocco e si vive una sorta di coprifuoco d’attesa. E noi genovesi, rimaniamo qui, «con quella faccia un po’ così».

*Comunità San Benedetto al Porto