C’era un’atmosfera leggera nella sala di rappresentanza del comune di Bolzano lunedì sera mentre Elena Maria Boschi e Reinhold Messner sono entrati al suono di La canzone popolare di Fossati usata nel 1996 dall’allora Ulivo come inno per la campagna elettorale.

La sala gremita di cittadini e giornalisti poi per un’ora e mezza è piombata in un silenzio attento in un dibattito che ha riguardato territorio e ambiente, scuola e bi-tri-linguismo, provincia autonoma ed Europa. «Non sono un politico ma una persona con responsabilità e interesse per la politica», ha esordito il grande alpinista altoatesino, già eurodeputato per i Verdi a cavallo tra i due secoli, «non ho solo il voto ma anche la mia voce».

In europarlamento ho imparato che la politica è «l’arte del compromesso» e non delle «testate contro un muro».

Alla domanda che cos’avevano fatto lui e la Boschi nel 1996, quest’ultima racconta dell’attività da quindicenne nella parrocchia del paese natio in Toscana e degli studi di musica, accantonati a favore di quelli per fare l’avvocato «avendo da subito le idee chiare». Messner invece racconta la visita al monte Kailash, sacro per il popolo tibetano che lo aggira in modo devoto in quanto simbolo della nascita della terra. Proprio nel ’96 aveva avuto il permesso di salita da parte del governo cinese ma di fronte al grande rispetto dei nepalesi lasciò perdere restituendolo con la speranza che nessuno ci salga mai per colonizzarlo.

Ed è ancora al Nepal che si richiama l’alpinista per spiegare il perché del suo appoggio alle candidature di Boschi e Bressa, in quanto oggi l’Alto Adige ha un’autonomia forte che altre zone nel mondo non hanno e soffronoper non poter coltivare la propria religione e cultura, quando qui «si soffre di una certa invidia, e ci vuole una voce esterna che fa capire che non siamo più bravi ma che abbiamo alle spalle una storia complessa».

Di sofferenze ce ne sono state negli ultimi cent’anni, sotto il fascismo era vietato usare la lingua tedesca, poi nel 1957 con Silvius Magnago si è aperta la strada dell’autonomia, dapprima all’insegna della separatezza tra i tre gruppi linguistici e poi, dall’era di Luis Durnwalder in poi, lo sviluppo economico e la pacificazione interculturale fino a farne una provincia ricca.

«Non può essere difesa dai nostri politici», insiste Messner, perché dalle sofferenze succitate è nata una cultura dell’accettazione, della tutela dell’ambiente, delle due culture di cui si coltivano le parti positive di entrambe, che per altro richiamano turisti da nord e sud.

«A Roma ci vanno nel nostro interesse, a portare ciò che hanno conosciuto e condiviso in questo posto come esempio positivo per l’Italia intera, dove spesso sento dire ‘ah, voi lassù, state bene!’. Questo è anche un paese costoso, pieno di montagne e di buchi nelle strade, dove ogni maso ha la sua strada…».

Su un punto solo la Boschi che poi loderà la «buona pratica» dell’iniziativa personale che svolge una funzione sociale non è d’accordo col re degli ottomila: «Non ci sono buche in Sudtirolo, nemmeno sui sentieri di montagna…».

Boschi promette l’attivazione del Green Act, Messner declina l’offerta di fare il «ministro dello sviluppo sostenibile» e conduce il focus sulle energie rinnovabili dove l’Italia potrebbe primeggiare in Europa nel campo di quella eolica e solare.

Volano parecchi giochi di parole, dal «tanti boschi in Alto Adige» messneriano a quello finale della sottosegretaria che ringrazia Messner come suo «maestro» piuttosto che «mini-stro».