Sono trascorsi quasi trent’anni dalla tragedia di Ravenna, quando nel marzo dell’87 tredici operai morirono asfissiati nella nave gasiera «Elisabetta Montanari», di proprietà della Mecnavi, mentre stavano effettuando lavori di saldatura. Una tragedia che colpì l’opinione pubblica, s’invocò, da più parti maggiore sicurezza negli ambienti di lavoro.

Un secolo è passato, ma sembra che nulla sia cambiato. Come allora, si continua a morire nei posti di lavoro. Quattro le vittime ieri a Messina, due i feriti. Come a Ravenna, anche in questo caso la camera della morte è la cisterna di una imbarcazione. I sei stavano effettuando operazioni di pulizia e di saldatura nella sentina del traghetto Sansovino della Caronte & Tourist, ormeggiato nel molo Norimberga. Quando sono stati investiti dal gas che si è sprigionato per cause che saranno accertate dalla Procura che ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e lesioni, al momento contro ignoti.

«La catena di solidarietà», così la chiamano gli esperti, è stata fatale per quattro dei sei lavoratori: quando il primo si è sentito male il compagno di lavoro ha cercato di soccorrerlo ma anche lui ha finito per inalare i gas letali, così come altri due operai.

Le vittime sono Gaetano D’Ambra, secondo ufficiale di coperta di Lipari; Christian Micalizzi, primo ufficiale di Messina; Santo Parisi, operaio di Terrasini (Pa) e Ferdinando Puccio, giovanotto di macchina, palermitano.
I vigili del fuoco, nonostante le condizioni siano apparse subito gravi, sono riusciti, grazie all’utilizzo di autorespiratori, a entrare nello stretto passaggio di imbocco dei locali sentina, a estrarre e consegnare al personale medico tutta l’intera squadra di operai che si trovava all’interno. I feriti sono il comandante Salvatore Virzì e Ferdinando Puccio, giovanotto di macchina. Il procuratore aggiunto, Giovannella Scaminaci, ha delegato le indagini alla Capitaneria di porto.

Un’inchiesta interna è stata aperta anche dall’armatore che si è detto pronto a collaborare con gli inquirenti che hanno sequestrato il traghetto. Filt-Cgil, Fit-Cisl e UilTrasporti sollecitano anche «un’inchiesta immediata da parte degli enti di controllo del ministero dei Trasporti», intanto «rileviamo che altre vite umane si aggiungono alla tragica e fitta schiera delle morti bianche, indegna di un Paese civile».

«Questo tragico evento a pochi giorni da un altro nel porto di Salerno – denunciano i sindacati – mette sotto gli occhi di tutti l’urgenza di un immediato intervento legislativo di adeguamento delle norme che disciplinano la sicurezza nei porti e sulle navi»”. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, parla di «tragedia che rappresenta un monito sulla necessità di intensificare ancora di più l’impegno per la prevenzione degli infortuni, specie dove ci sono più rischi».

Maria Carrara, esperta di sicurezza nei luoghi di lavoro, pone alcuni interrogativi che potrebbero essere utili alle indagini: «Prima che gli operai effettuassero le attività nella cisterna sono state realizzate dall’esperto nell’utilizzo delle attrezzature le misurazione sul livello d’ossigeno e sulla concentrazione di gas e sostanze pericolose? Gli operai erano stati formati sugli “spazi confinati” come obbliga il decreto 81 del 2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro? Inoltre, i lavoratori erano dotati degli indumenti specifici necessari per questo tipo di attività?».

Sarà la magistratura – spiega l’esperta – ovviamente ad accertare se il datore di lavoro abbia rispettato le disposizioni di legge. Purtroppo la letteratura in materia indica che spesso i lavoratori operano in ambienti pericolosi senza essere messi nelle migliori condizioni. La prevenzione, la formazione e il rispetto delle norme sono fondamentali per evitare tragedie come quella di Messina.

L’esperta aggiunge: «Prima dell’ingresso di un lavoratore in uno “spazio confinato”, come nel caso della cisterna di una nave, è necessario acquisire tutte le informazioni occorrenti sulle caratteristiche dell’ambiente e bisogna effettuare le attività previste come la manutenzione, la bonifica e le ispezioni». I rischi in ambienti del genere sono tanti, sottolinea Maria Carrara: asfissia per mancanza di ossigeno, intossicazione per inalazione o per contatto epidermico di sostanze pericolose per la salute come gas, vapori o fumi, incendio e esplosione. E ancora: caduta dall’alto, inciampo o scivolamento, contatto con parti abrasive o taglienti, urto, colpo o schiacciamento, contatto con parti in movimento, proiezione di parti solide o liquide, contatto con tensione elettrica.