Prosegue senza sosta la caccia degli inquirenti ai fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro e ai covi usati dal boss per nascondersi. Dalle perquisizioni in corso stanno emergendo elementi ritenuti “importantissimi” dagli investigatori: ‘pizzini’, nomi, numeri di telefono e sigle potrebbero dare un’accelerazione alla indagine coordinata dalla Procura di Palermo per tracciare la rete di protezione che ha garantito per trent’anni la latitanza del capomafia.

OLTRE A GIOIELLI E PIETRE preziose di consistente valore, il ritrovamento di effetti personali stanno permettendo agli esperti di arricchire il profilo di Messina Denaro, che nel primo covo aveva affisso in una parete il poster di Marlon Brando nel ruolo del “Padrino” di Francis Ford Coppola, e in un’altra il ritratto di Joker, lo psicopatico della saga di Batman, con sotto la scritta: “C’è sempre una via d’uscita ma se non la trovi sfonda tutto”.

LE CASE IN VIA CB31, via Maggiore Toselli e via San Giovanni, passate al setaccio dai Ris dei carabinieri, dallo squadrone dei ‘Cacciatori di Sicilia’ e dalla scientifica della polizia, si trovano a poca distanza l’una dall’altra, in uno spazio di poche centinaia di metri e tutte a pochi minuti a piedi dal bar Vito, il ritrovo dei fedelissimi del capomafia, dove 35 persone furono arrestate appena quattro mesi fa.

GLI INVESTIGATORI STANNO lavorando anche all’interno dell’abitazione sequestrata alla madre di Andrea Bonafede, l’alias di Messina Denaro: anche questa abitazione si trova vicino ai covi individuati, al piano terra con due ingressi in via Marsala e via Cusmano. E ieri gli investigatori hanno controllato altre tre case, appartenenti all’avvocato Antonio Messina. Le prime due si trovano a Campobello di Mazara: una in via Galileo Galilei e l’altra all’angolo tra via Scuderi e Via Selinunte, di fronte all’abitazione di Salvatore Messina Denaro, fratello del boss già perquisita lunedì scorso; la terza a Torre Granitola, sul litorale di Mazara del Vallo, residenza estiva dell’avvocato, nei pressi della sede dello Ias Cnr. Antonio Messina, 77 anni, è un personaggio noto alle cronache giudiziarie. Fu condannato per traffico di droga negli anni Novanta. Assieme a lui erano imputati l’ex sindaco del Comune di Castelvetrano Antonio Vaccarino, che per conto dei servizi segreti intavolò una corrispondenza con Messina Denaro con il nome di “Svetonio”, e gli uomini d’onore Nunzio Spezia e Franco Luppino. Messina, radiato dall’ordine professionale, vicino alla massoneria, nel giugno del 2021 era stato assolto dall’accusa di traffico internazionale di stupefacenti nell’ambito dell’inchiesta “Eden 3” che ruotava proprio attorno alla figura di Matteo Messina Denaro.

ACCOGLIENDO LA RICHIESTA del pm della Dda di Palermo Piero Padova, il gip Fabio Pilato intanto ha disposto la custodia cautelare in carcere per Giovanni Luppino, l’agricoltore di olive che ha fatto da autista a Messina Denaro e arrestato lunedì insieme al capomafia. Luppino, interrogato dal gip nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto in flagranza, ha negato di essere stato a conoscenza dell’identità del “passeggero” che aveva accompagnato alla clinica privata La Maddalena, luogo in cui è scattato il blitz del Ros. Al giudice ha raccontato di aver conosciuto l’uomo che ha portato in clinica alcuni mesi prima perché gli era stato presentato da un compaesano, Andrea Bonafede, come suo cognato. Da allora non avrebbe mai più visto il boss fino a domenica, quando questi, che lui conosceva con il nome di Francesco, gli aveva chiesto di dargli un passaggio a Palermo dove avrebbe dovuto fare la chemioterapia. Una versione che, secondo la Procura, sarebbe completamente inventata.

L’AGRICOLTORE RISPONDE di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dal metodo mafioso. All’agricoltore sono stati sequestrati un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 centimetri, due cellulari posti in modalità aereo prima di essere spenti, oltre a una lunghissima serie di biglietti e fogli manoscritti con numeri di telefono, nominativi e appunti di vario genere, dal contenuto oscuro “e di estremo interesse investigativo”. Per il gip è “necessario un approfondimento investigativo sul rinvenimento dei numerosi pizzini dal contenuto opaco, che potrebbero schiudere lo sguardo a nuovi scenari”. E’ proprio rivolgendosi a Luppino, quando ha capito di essere ormai in trappola perché circondato dagli uomini del Ros nella clinica, Messina Denaro avrebbe esclamato: “È finita”.