Il mercato che apre, il campionato dietro l’angolo che «debutta» nel weekend del 19-20 settembre. Ma l’avvio settembrino, che di solito ospita le prime partite ufficiali e invece per volere del Covid-19 è dedicato ai ritiri pre campionato (con l’eccezione della Nazionale, in campo per la Nations League contro Bosnia e Olanda) e all’elenco dei calciatori positivi al virus – se ne aggiungono tre dell’Atalanta – c’è pure spazio per una folle finestra di mercato. Sembra impossibile, ma in pochi giorni, perché i tornei nazionali avranno inizio entro meno di venti giorni anche in Spagna, Germania, Inghilterra, dovrebbe consumarsi l’addio tra Leo Messi e il Barcellona. Diciassette anni di passione, di gol, assist, magie, l’identificazione della Pulce con il microcosmo blaugrana che rischiano di essere messi alle spalle in un amen.

MESSI vorrebbe liberarsi a costo zero, ma una clausola in caso di rescissione presente nel suo contratto con il Barça, rende difficile le trattative. Per liberare l’argentino servirebbe un bonifico da almeno 700 milioni di euro, una valutazione che non tiene conto del Covid-19 che ha alleggerito le tasche del calcio europeo. In mezzo c’è un sogno svanito, uno degli ultimi stralci di magia del pallone sempre più industria. Messi e il Barcellona, il fenomeno cresciuto e curato dal club catalano sin da ragazzino e poi esploso portando la squadra in cima al mondo assieme a Johan Cruijff, il più forte al mondo che sceglie un solo club, mentre Ronaldo mostrava la sua grandezza in Premier League, Liga e Serie A.

IN ATTESA di una soluzione, Messi non si sottopone alla prova del tampone e non si presenta al ritiro. Resta alla finestra, aspettando le mosse dei club che se lo contendono, gli unici che possono permettersi un investimento di questa portata: il Manchester City con Pep Guardiola, che resta la prima opzione, davanti al Paris Saint Germain dell’amico Neymar e (più difficile…) l’Inter. Intanto il mercato apre «ufficialmente» con un tris di punte da oltre mille gol complessivi in carriera, che aspettano una collocazione. Sono Cavani, Higuain, Suarez, tutti nati nel 1987, fino a una stagione fa i signori assoluti del gol, con contratti blindati e ovviamente faraonici.

E POI, il tempo che passa di colpo ma soprattutto il Covid-19 che impone alle società di non rinnovare contratti pesanti ad atleti over 30. L’uruguaiano, oltre cento reti al Napoli e 200 al Psg, era vicino al Benfica, a costo zero e 10 milioni annui di ingaggio e poi nulla di fatto, Higuain è stato messo alla porta da Pirlo con poche frasi in conferenza stampa e Suarez è finito nella lista di proscrizione di Ronald Koeman per il restyling del Barcellona, ultima goccia del vaso che ha portato Messi lontano dalla Catalogna. E dall’elenco «disoccupati» degli anziani del gol va tolto Ibrahimovic, capace di spuntare sette milioni e mezzo per un anno al Milan a quasi 39 anni e forse anche Dzeko, 34 anni, che Pirlo vuole nella sua Juventus di nuovo conio, partner tecnico di Ronaldo e (forse) Dybala.