Trame. Pratiche per un’ecologia politica situata (Tamu, pp. 224, euro 15) non è un libro che parla di ecologia ma un libro che (si) fa ecologia. È un libro ecologico poiché non riflette sull’ecologia ma la rifrange, ritessendola nei suoi interminabili assemblaggi.

Trame, a partire dalla sua architettura, non si stanca di ribadire che l’ecologia non è un’essenza che sta là fuori, un’essenza che un’altra essenza, l’umano, può decidere se conservare o distruggere. Trame, al contrario, performa l’ecologia per quello che è: un incessante con/divenire aggrovigliato di relazioni in cui si materializzano soggettività metastabili, un divenire-con in cui (anche) l’umano, che piaccia o meno, è immerso e da cui non può distaccarsi per osservarlo innocentemente da fuori (e da sopra!). Prima ancora del riscaldamento globale, è l’ecologia a essere un iperoggetto.

E così Trame. Non a caso, allora, Trame è il risultato di un lavoro collettivo senza curatore – la singolarità attorno a cui si agglutina, Ecologie politiche del presente, è a sua volta un collettivo. Trame è un compost variegato, molteplice e situato – eh sì, perché groviglio di relazioni non è sinonimo di spazio liscio del capitalismo –, fatto di scritti appartenenti a varie specie (dal racconto al saggio, dal reportage al documento di denuncia, a loro volta prodotti da precedenti ibridazioni e contagi), che si incontrano/scontrano per cartografare il mondo e per provare a cambiarlo.

«TRAME» è al contempo descrizione del sistema tentacolare capitalista e accorata solidarietà verso i tentacoli resistenti e ribelli di quelle soggettività nonconformi che, ai margini e negli interstizi, non smettono di aprire vie di fuga dal sistema-mondo del Capitale.

«TRAME», infatti, evidenzia come l’emergenza climatica rimarrebbe incomprensibile se non venisse pensata assieme alla «violenza razziale, di genere, sessuale e di specie», alla precarizzazione del lavoro e delle vite, alla gentrificazione e alla turistificazione. In breve, alla natura proteiforme e pervasiva dell’estrattivismo capitalista.

E, con la stessa mossa, Trame esprime, con grande chiarezza, che non sarebbe altrettanto pensabile un’opposizione efficace all’esistente senza l’ostinata caparbietà di continuare a intrecciare, in nuove derive psicogeografiche e in sorprendenti cosmotecniche, le resistenze molecolari che ogni giorno r(i)esistono.

Trame è riconoscere le trame del Capitale – il fatto che non cessa di mettere in stato di arresto il tessuto delle relazioni e di irretire i nostri desideri – e tramare contro quelle stesse trame, tessendone altre per materializzare un’ontologia (degli orditi), un’epistemologia (degli affetti), una politica (dei corpi) e un’etica (della coesistenza): un abitare in/comune, un abitare della cura e della respons/abilità. Trame, in fondo, è un libro spinoziano: ci mette in guardia contro le trame tristi – quelle che ammalano i nostri corpi – e indica verso le trame gioiose – quelle che esaltano ciò che i corpi possono.

«IL CAPITALISMO ci vuole tutti individui, isolati e docili, soli e leali al sistema: è tempo di riprendere le trame, di connettere i fili e le lotte, di congiurare – che poi significa scegliersi le alleanze – e far emergere nuovi intrecci».
Trame è «rimestare l’Umano» per trasformare la trascendenza del sopra/vivere nell’immanenza del desiderare/con. Trame è infine questo volume e chi, s/legandosi, lo ha letto, lo sta leggendo o lo leggerà.