«Credo di potervi dare una buona notizia: nel giro di venti giorni Hillary Rodham Clinton sarà presidente degli Stati uniti”. È Meryl Streep, dopo Tom Hanks e Oliver Stone, l’ultima ospite americana della Festa del Cinema di Roma a dirsi certa della vittoria, a novembre, della candidata democratica. «Non credo di dover aggiungere nulla sul sessismo della campagna elettorale di Trump: sta facendo già tutto da solo” osserva l’attrice, nella capitale per presentare Florence Foster Jenkins di Stephen Frears.

Per interpretare il personaggio della ricca signora tanto appassionata di canto quanto stonata, l’attrice dice di aver lavorato con un coach: «Abbiamo fatto una lunga preparazione per fare in modo che riuscissi a cantare al mio meglio, nel modo in cui probabilmente Florence sentiva se stessa nella sua mente. Poi, nelle ultime settimane, ci siamo divertiti a distruggere tutto quello che avevamo costruito, e ho capito di aver raggiunto il mio scopo quando ho fatto ridere anche il serioso pianista russo che mi accompagnava».

Interpellata sulle giovani attrici che preferisce Streep fa il nome di un’italiana – Alba Rohrwacher – e sostiene di aver contribuito a «rivoluzionare» anche per le più giovani il mestiere di attrice a Hollywood: «È anche merito mio se oggi esistono ruoli per le donne anche quando raggiungono i 40 anni, e prima che diventino delle anziane a cui affidare parti terribili. E un ruolo fondamentale, in questo cambiamento, lo ha avuto la televisione».

Dalla protagonista del Cacciatore vengono anche parole di incoraggiamento per la candidatura di Fuocoammare di Gianfranco Rosi agli Oscar, dopo che proprio la giuria da lei presieduta a Berlino gli aveva consegnato l’Orso D’oro lo scorso febbraio. «Sono molto orgogliosa del fatto che la giuria abbia deciso unanimemente di premiare Fuocoammare: per un documentario non è una cosa così scontata».

Quello di Rosi, aggiunge Streep, «è un film unico e affronta un tema che noi, specialmente in America, percepiamo come mera statistica. Ci tocca solo quando vediamo le foto di un bambino morto su una spiaggia o ricoperto di detriti in un pronto soccorso». Rosi, invece, «ha realizzato una storia su un ragazzino e un dottore sull’isola di Lampedusa intrecciandola con l’orrore affrontato dai migranti e la loro tragedia. Sappiamo tutti riconoscere il male, ma Rosi è stato capace di condurci dentro e fuori di esso con umanità».

In risposta alle polemiche che la candidatura alla cinquina di un documentario ha suscitato in Italia, l’attrice si dice convinta che anche l’Academy – di cui lei stessa fa parte – si accorgerà dell’unicità del lavoro di Gianfranco Rosi: «Credo che agli Oscar Fuocoammare abbia delle buone possibilità».