Le strategie comunitarie per la mitigazione dei cambiamenti climatici ribadiscono l’importanza di preservare la natura selvatica all’interno dello spazio urbano, eppure il nostro Paese stenta a cambiare prospettiva al riguardo. I comitati sorti negli ultimi anni in difesa di aree rinaturalizzate, come il lago ex Snia a Roma o la piazza d’Armi di Milano, mostrano la fatica delle amministrazioni a rivalutare il paesaggio in un’ottica di fruizione non invasiva, che si emancipi da un’idea della natura meramente estetica o funzionale.

L’APPROCCIO PAESAGGISTICO basato sul riconoscimento dei vantaggi che solo un ambiente non mistificato è in grado di offrire e il cambio di paradigma culturale di questa visione è il prezioso contributo che emerge invece dal volume Il bosco urbano dei Prati di Caprara, servizi ecosistemici e conflitto socio-ambientale, a cura di Giovanni Trentanovi, Alessandro Alessandrini e Benedetta Roatti per Pàtron Editore. Grazie all’apporto di 26 autrici e autori, il lavoro racconta l’esperienza bolognese in difesa del bosco di 27 ettari nei pressi dell’Ospedale Maggiore, sul quale la cittadinanza, soprattutto attraverso il comitato Rigenerazione No Speculazione (Rns), è riuscita ad avviare la richiesta di una Istruttoria Pubblica sulla pianificazione urbanistica, creando un importante precedente di partecipazione dal basso.

«IL LIBRO E’ IL RISULTATO di quasi tre anni di passeggiate e osservazioni fatte da cittadini, attivisti e ricercatori e racconta non solo i benefici ambientali che il bosco, in questo caso un unicum molto raro, apporta alla città, ma anche quelli sociali e culturali» afferma Giovanni Trentanovi, dottore forestale e ricercatore. L’ecosistema dei Prati di Caprara ospita oggi circa 200 specie vegetali tra cui alberi di notevole pregio ecologico quali il ciliegio selvatico, il frassineto puro e l’olmeto e piante fondamentali per il nutrimento degli uccelli nidificanti, come il merlo e la capinera o la più rara tortora selvatica. Le numerose nicchie ecologiche e i tronchi in decomposizione accolgono microhabitat per il proliferare di formiche, rettili, funghi. Qui sono state riconosciute 42 specie di lepidotteri diurni, uno dei più importanti impollinatori e indicatori biologici.

IL PREZIOSO CONTRIBUTO a biodiversità e mitigazione climatica, si somma alla cattura di 900/1800 kg annui di polveri sottili e alla «trappola» che i Prati rappresentano per l’anidride carbonica, la quale permane a lungo nei «boschi indisturbati». Oltre ai servizi ecosistemici, il libro evidenzia l’importanza dell’area a livello socio-culturale, da quando le terre passarono alla famiglia dei Caprara, nel 1500, alle coltivazioni di «vite maritate» dell’800, sostenute da olmi o gelsi per l’alimentazione dei bachi da seta «in uno dei tanti esempi di economia circolare ante litteram di cui il mondo contadino è ricco», racconta la dottoressa agronoma Alessandra Furlani; da aeroporto per velivoli dell’esercito e dirigibili (1913) a luogo di fondazione del Bologna F.C., nonché campo da gioco frequentato da Pier Paolo Pasolini (I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara ….sono stati indubbiamente i più belli della mia vita, ne scrisse); dal tentato moto insurrezionale di Bakunin e Cafiero, che avrebbe dovuto originare dalla riunione proprio ai Prati di Caprara, all’insediamento militare durato fino a circa 40 anni fa.

«I PRATI OGGI SONO generalmente intesi come spazi in attesa che ci interrogano sul valore della socialità, sul senso del bene comune, sulla necessità di abitare un tessuto connettivo che ha bisogno di uno sguardo di sintesi, oltre che delle diverse visioni disciplinari», scrive la biologa e ricercatrice Benedetta Roatti nel capitolo sul valore estetico-paesaggistico e ricreativo.

«IN QUESTI LUOGHI SI GIOCA la scommessa di un nuovo paesaggio che guarda, per esempio, al ritorno di comunità di piante spontanee come questione progettuale, così come alla diffusione delle molte azioni dal basso con le quali altre comunità, quelle cittadine, mettono in gioco nuove forme di uso».