Tutti si augurano che non sia solo una mossa elettorale l’annuncio, dato dal ministero, sull’operatività delle mense scolastiche biologiche a partire dal prossimo anno scolastico.

Stiamo parlando di un ambito che riguarda tanti italiani, ma soprattutto i più giovani: ogni giorno, su 11 milioni che mangiano fuori casa, circa 5,5 milioni usufruiscono del servizio di ristorazione collettiva dei quali 3 milioni riguardano il mondo scolastico e utenti con un’età inferiore ai 14 anni. Un’età importante nella quale si costruiscono le corrette abitudini alimentari e si educa al concetto della “sostenibilità”.

Il nostro paese per primo ha collegato il consumo di alimenti biologici alla ristorazione collettiva, facendo da vero e proprio apripista per altri paesi europei ed extraeuropei. Così, le mense biologiche, seppure con una distribuzione a macchia di leopardo, sono ormai una realtà più che ventennale, nata per lo più dalla sensibilità della base e/o dalle scelte oculate e lungimiranti di alcuni amministratori.

AIAB da più di dieci anni guida visite di istruzione richieste da molte nazioni, interessate a conoscere il nostro modello biologico di ristorazione. Rappresentanti istituzionali di Francia, Spagna, Norvegia, Danimarca, Stati Uniti e anche Australia sono stati ospiti delle nostre scuole e hanno apprezzato oltre al modello di sostenibilità anche il cibo delle mense.
Senza dimenticare che Roma è stata la guida e l’esempio per la ristorazione biologica di molte capitali come Parigi, Londra e New York.

Ma tutto ciò non deve far passare in secondo piano il fatto che la situazione nazionale della ristorazione collettiva, che riguarda 7.983 comuni, si traduce di fatto in un servizio estremamente frammentato, disomogeneo dal punto di vista qualitativo, dove convivono mediocrità ed eccellenze.

A fine 2017 è stato finalmente presentato dal Governo il primo sistema pubblico di riconoscimento delle mense bio certificate che saranno contraddistinte, oltre che dall’eurofoglia, da medaglie d’oro o d’argento, dove l’oro corrisponde a una qualificazione d’eccellenza legata a una maggiore percentuale di utilizzo di prodotti biologici.
E’ sicuramente un primo passo importante ma non basta fare una legge per cambiare la realtà. Bisogna fornire anche gli strumenti giusti per applicarla e renderla operativa.

La cosa più urgente è l’individuazione di un ente che faccia da collegamento tra le aziende produttrici e la ristorazione collettiva e che garantisca davvero filiera corta e sostenibilità. Concretamente, bisogna monitorare le produzioni, presentare un paniere di prodotti del territorio nonché impostare una programmazione a lungo termine per rifornire le mense. Un lavoro che l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica sa ben come fare, che ha già fatto in alcune regioni e che non avrebbe difficoltà a replicare in altre.