Il bilancio della pandemia non si misura solo con i morti di Covid. I pronto soccorso intasati hanno frenato l’accesso dei malati per emergenze cardiache e ictus, e anche dove non c’era la fila spesso è bastata la paura a tenere lontani i pazienti. I dati pubblicati sul New England Journal of Medicine parlano di un aumento del 58% dei casi di arresto cardiaco curati fuori dagli ospedali nella sola Lombardia nella primavera del 2020. Sono stati annullati due milioni di esami di screening e non ci sono notizie su come questi esami persi saranno recuperati. Gli ospedali hanno fatto il possibile per portare avanti le terapie oncologiche, se i dati dell’Agenzia Italiana per il Farmaco segnalano che il consumo ospedaliero di farmaci anti-tumorali e immunosoppressori non è calato nell’anno 2020. Ma chi ne ha fatto davvero le spese sono i servizi di urgenza, quelli di diagnosi precoce e la capacità dei pazienti di seguire le terapie prescritte.

È quanto si legge in un documento pubblicato dalla Confederazione Oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce): «Si calcola che almeno un 40% di pazienti non seguono adeguatamente le terapie prescritte, abbiano saltato o rinviato le visite con gli specialisti, affidandosi al fai da te». Le conseguenze del Covid continueranno a farsi sentire anche negli anni a venire, quando (speriamo) il coronavirus sarà tornato sotto controllo.

Questo disastro collaterale non avviene per caso. «Il comparto ospedaliero già al momento dell’inizio della pandemia aveva un numero complessivo di posti letto ordinari per centomila abitanti molto più basso rispetto alla media europea (314 vs 500) – scrive ancora la Foce – collocandoci al ventiduesimo posto nella classifica tra i Paesi Europei».

La creazione di posti di terapia intensiva per i malati Covid si è fatta spesso ai danni degli altri reparti. Oltre ai letti mancano anche i medici: con 130 mila ospedalieri, l’Italia ne ha 60 mila in meno della Germania e 43 mila in meno della Francia. Siamo alla «disperata ricerca di medici ed infermieri» ma abbiamo il numero chiuso nelle facoltà di medicina, denuncia la Confederazione, un provvedimento con «conseguenze catastrofiche».

La scarsa attenzione per i pazienti fragili si riflette anche nelle priorità decise per la campagna vaccinale: solo il 7,3% dei 150 mila pazienti oncologici che ne avevano diritto sono stati effettivamente vaccinati secondo i dati di fine marzo. Eppure è noto da ormai un anno che la stragrande maggioranza delle vittime di Covid soffre mediamente di tre patologie: mappare i pazienti più a rischio non era impossibile. Per rimediare, conclude il documento, è necessario avviare un «piano Marshall» per la nostra sanità, che restituisca ai pazienti il coraggio e la sicurezza per tornare a curarsi negli ospedali, rafforzi la sanità territoriale e torni a investire in infrastrutture sanitarie e in personale.