È ancora invisibile la nuova Città che Renato Lavarini, coordinatore del progetto Unesco, racconta insieme a Stefano Sertoli, sindaco di Ivrea. Con un aplomb più britannico che eporediese, se citi le critiche del New York Times, entrambi preferiscono rispondere con l’elenco dei lavori in corso. Mentre l’Unesco nulla ha avuto da eccepire sull’autenticità del sito, forti raccomandazioni sono arrivate a proposito della sua integrità. Conferma Livarini: «È una problematica che ha interessato altri siti di archeologia industriale in Italia e nel mondo. Il fermo delle produzioni svuota le strutture, e il vuoto distrugge. Nel nostro caso va evidenziato un dato fondamentale: quando i vari edifici hanno esaurito le loro funzioni originali, il 98% è diventato di proprietà privata.L’iscrizione nel Patrimonio Unesco ha avuto una ricaduta molto positiva. Primo esempio: un gruppo di imprenditori locali ha acquisito circa 45mila metri quadri della ICO, cioè la Fabbrica di mattoni rossi, il primo e il secondo ampliamento. Accoglieranno dall’impresa sociale alla startup, il Centro Visitatori e il museo laboratorio Tecnologicamente (oggi nel centro di Ivrea, ndr), con le collezioni delle macchine Olivetti. I lavori partiranno a breve».

Secondo esempio l’edificio della mensa, di Ignazio Gardella e Roberto Guiducci, sede degli attuali edifici Olivetti, e il centro Studi ed Esperienze di Eduardo Ottavia, completamente vuoto. Olivetti ha deciso di ristrutturarlo e trasferire lì i suoi uffici. Prosegue Lavarini: «Gli spazi del terzo e quarto ampiamento della ICO erano già in parte sfruttati con l’Officina H adibita a centro congressi e teatro e la sede della Facoltà di infermieristica dell’Università di Torino; più di recente si è insediato un centro benessere, e un fondo darà vita a nuove attività per ripopolare gli spazi acquistati». Rimane per ora incerto il futuro di tre monumenti considerati nevralgici: il Palazzo degli Uffici, i cui interni sono caratterizzati dallo splendido scalone elicoidale; il nuovo Palazzo degli Uffici e, sul retro del Palazzo il CED (centro Elaborazione Dati). L’ex Centro dei Servizi Sociali, soprannominato ‘la nave’ per le sue linee architettoniche, in serie condizioni di degrado, diverrà sede dell’Agenzia delle Entrate, che ne curerà il recupero.

Sindaco Sertoli, saldare la Città Industriale a Ivrea e al territorio, per farla uscire dall’isolamento e trasformarla in attrattiva turistica, è una delle raccomandazioni Unesco: «Sono due aspetti strettamente legati, che devono interagire. Un sito Unesco è un’opportunità offerta a Ivrea, al suo territorio e al Paese intero. Oggi il pieno di turisti italiani e stranieri si registra durante i giorni del Carnevale (celebre per la battaglia delle arance, ndr), l’obbiettivo è di creare un flusso durante tutto l’anno. In questo senso occorre guardare alla Città. Il turista che vorremmo portare lì è di tre tipi: l’appassionato di siti Unesco, di archeologia industriale, di architettura, e da lui stanno letteralmente piovendo le richieste; il curioso non specializzato, cui bisogna offrire un pacchetto di proposte; il turista ‘generalista’, al quale il sito va fatto scoprire. Il Centro Visite funzionerà come polo di accoglienza e di coordinamento delle visite guidate e delle iniziative».

ARCHIVIO STORICO
C’è un luogo che conserva il passato della Città. Ospitato negli ambienti e nel verde di Villa Casana, si chiama Associazione Archivio Storico Olivetti. Nata una ventina di anni fa, erede dell’Archivio Aziendale Olivetti fondato nel 1986, accoglie soprattutto materiali delle sedi italiane e per alcune parti di quelle internazionali. Enrico Bandiera ne è il responsabile. Prima di sederci intorno a un tavolo, lo seguiamo lungo i corridoi sui quali affacciano grandi e massici armadi di metallo, che si aprono girando una manopola a forma di volante. Dentro, file e file di faldoni sugli scaffali. «In archivistica, un ripiano di faldoni lungo un metro corrisponde a un metro lineare di documentazione. Qui ne sono conservati tredici chilometri». Che cosa raccontano? «La documentazione scritta proviene dai vari uffici ed evidenzia l’unicità della vicenda Olivetti, multinazionale della metalmeccanica che prestò sempre particolare attenzione a valorizzare il ruolo delle singole persone. Mi piace dire che custodiamo una storia collettiva, frutto della lungimiranza di Adriano e di Camillo. Prenda le procedure di assunzione. Testimoniano che alla Olivetti vigeva il cosiddetto Sistema delle terne. Se occorreva un tecnico di alto livello, accanto all’ingegnere si assumevano un filosofo e uno scrittore, i quali entravano a tutti gli effetti nel processo produttivo». Bandiera indica la sala accanto, dove sono stati catalogati i programmi dei corsi di formazione, dai primi, per i meccanici, fino al 1992. «Tra le materie è ovvio aspettarsi disegno tecnico, matematica, qualche nozione di fisica… Salvo poi scoprire che comprendevano musicologia e storia dell’arte. Perché base dell’idea Olivetti era lo sviluppo del pensiero critico nell’individuo. Pensiero che gli incontri pubblici con Pasolini e Moravia, Buazzelli e Gassman, i concerti di Gaber, contribuivano ad arricchire».

TREDICI CHILOMETRI
Il percorso dei tredici chilometri è fatto anche e molto, di fotografie, manifesti pubblicitari, locandine ad uso interno, disegni di studio per prodotti e architetture… Se ne volete un saggio, digitate storiaolivetti.it. Sapranno stupirvi. Gaetano Di Tondo, presidente dell’Archivio, vicepresidente e responsabile delle Relazioni Esterne Olivetti, ha lanciato a febbraio su Instagram l’hastag #storiadiinnovazione «L’hastag racconta tutta l’avventura olivettiana, mettendo insieme l’Archivio, la Fondazione, il museo Tecnologicamente e l’Olivetti di oggi. Abbiamo un capitale di valori che vanno attualizzati e non devono rimanere circoscritti alla dimensione di Ivrea. Devono essere portati all’esterno, conosciuti nel mondo attraverso mostre, festival culturali, manifestazioni come la Digital Week di Milano. Passare, dico io, ‘dalla polvere alla vita’».