Le scorie post Quirinale continuano ad avvelenare l’aria nel centrodestra. Salvini e Meloni restano ai ferri corti, e anche nel fantomatico centro si è aperta una querelle, con Luigi Brugnaro (sindaco di Venezia) che stoppa i progetti di Giovanni Toti di una fusione con Renzi: «Sono fughe in avanti premature, io voglio restare ancorato al centrodestra», attacca Brugnaro, che con Toti e Gaetano Quagliariello guida la pattuglia parlamentare di «Coraggio Italia».

Quanto ai due leader sovranisti (che non si sentono da fine gennaio), Meloni avverte gli ex alleati: «Credo che chiunque stia nel campo del centrodestra non possa mai sostenere una legge proporzionale perché quella serve a impedire che il centrodestra possa vincere». Ma aggiunge: «Se anche ci fosse il proporzionale, con i numeri di oggi sarebbe difficile fare a meno di Fratelli d’Italia nella prossima legislatura. Solo che la differenza è che se FdI fosse trainante, abbiamo la certezza che un governo col Pd non si fa».

Sorella Giorgia minaccia di correre da sola: «Vedremo, sceglierò chi sarà il mio alleato solo sulla base del suo impegno di difendere questa metà campo e a non rincorrere le sirene della sinistra. Non farò mai più buon viso a cattivo gioco», dice a RaiNews.

Salvini prova a ricucire: «Richiamerò Meloni, nonostante gli insulti che sono arrivati. Non sono permaloso. Ho lavorato per fare squadra». Ma sul governo Draghi non cambia idea: «Non vedo perchè la Lega dovrebbe uscire».

Lei però già guarda oltre: «Non vedo un rischio di isolamento per Fdi. Il caso Le Pen, che è alleata di Salvini in Europa e non mia, è differente: si tratta di un altro sistema e di un’altra legge elettorale. Qui, se anche si facesse il proporzionale, che io combatterò, se gli italiani ci daranno il consenso che io spero di meritare, ci sarà comunque la possibilità di fare un governo a trazione Fratelli d’Italia».

Chi lavora al proporzionale sono i vari gruppetti centristi. Toti difende l’accordo con Renzi: «Credo che allargare il perimetro della nostra coalizione sia importante». «Il mio naso politico – assicura Mastella – mi dice che c’è spazio al centro: nessuna delle coalizioni esistenti vincerà e saremo determinanti». «L’area riformista nel paese c’è già», gongola Renzi. Ma Calenda si chiama fuori: «A me la parola centro fa schifo, questi esprimenti sono destinati a fallire, servono solo ai politici per cercare una scialuppa di salvataggio».