Gli avversari del Pd, la strana alleanza alla camera tra Forza Italia e Movimento 5 Stelle, propongono di allargare al senato la legge elettorale che «mezza Europa ci invidia e che ci copierà», cioè l’Italicum secondo Matteo Renzi. Non è l’Italicum originale, perché la Corte costituzionale ha cancellato il ballottaggio. Ma anche così «è una legge applicabile, con la conferma della costituzionalità del premio di maggioranza, dei capilista bloccati e delle multicandidature», secondo ancora Renzi e il suo braccio destro Guerini. Adesso, però, il Pd non vuole quella legge. E non vuole votarla martedì, quando si dovrebbe adottare come testo base in commissione. Astenendosi, consentirebbe comunque la partenza dei lavori. Per fermare tutto deve votare contro.

Il Pd è contro la legge che ha osannato per mesi – imponendone l’approvazione con la fiducia proprio alla camera – per almeno due ragioni. La prima è che dare concretezza all’opera di riscrittura del sistema di voto regalerebbe alla legislatura una potente ragione di vita. Renzi, si sa, vorrebbe invece le urne prima della (elettoralmente preoccupante) legge di bilancio. La seconda ragione è che pur essendo un intervento «minimale» (l’ha definito così il relatore Mazziotti) , c’è un’alternativa ancora più lieve. Che consiste nel non far niente, e obbligare il governo a intervenire a ridosso delle elezioni con un decreto con qualche indispensabile correttivo tecnico. In questo secondo caso, la soglia di sbarramento per il senato resterebbe altissima: 8%. Renzi lo preferisce.
Quattro mesi sono già passati invano ed è assai probabile che Renzi vincerà la partita dell’inerzia. Anche il testo Mazziotti ha poche chance. L’allargamento dell’Italicum non ha i voti al senato, dovrebbe averli alla camera. Solo in aula, però, non in commissione dove ci sarà la prima prova del pattuglione dei democratici – da soli contano quasi la metà dei commissari. Si possono così stimare tra i 20 e i 22 voti a favore del testo Mazziotti (M5S, Fi, Mdp e centristi) e tra i 26 ai 28 voti contrari (Pd, Ln, Verdiniani, Sinistra e gruppo misto). Se il Pd si schiera, la sorte dell’Italicum-bis è segnata. A quel punto il relatore, che è anche il presidente della commissione, rinuncerebbe all’incarico, si ripartirebbe da zero magari cercando i voti per l’ultima trovata del Pd, quel Mattarellum-bis che ha molto poco in comune con il sistema tedesco.

Il testo Mazziotti è un po’ un campo da arare. Gli emendamenti potrebbero rovesciarlo, e infatti tra i suoi sostenitori c’è chi vuole cancellare i capilista bloccati, chi non intende toccarli, chi vuole portare il premio di maggioranza dalla lista alla coalizione… Anche se dovesse essere adottato, avrà vita dura e difficilmente riuscirà ad arrivare in aula il 29 maggio. Tra i favorevoli si sono espressi ieri i Radicali italiani, che nelle scorse settimane avevano incontrato Mazziotti, covincendolo delle loro ragioni. Per la prima volta, infatti, nel testo sono ridotte le firme necessarie alla presentazione della liste, è prevista la possibilità di firmare in maniera digitale (attraverso la Spid) e, ai tradizionali banchetti, è risolto il problema degli autenticatori. «Queste semplici ma rivoluzionarie riforme – dice il segretario radicale Magi – aiuterebbero a ottenere condizioni minime di praticabilità democratica, non solo per la fase elettorale ma anche per quella referendaria e di iniziativa popolare».

Se il Pd decidesse di votare contro questo testo base sancirebbe l’impossibilità di cambiare la legge elettorale in parlamento. Perché il 29 maggio, già a rischio, è una data limite. Superata la quale la legge potrebbe essere approvata dalla camera al più presto a ridosso della pausa estiva. Slittando all’autunno, quando c’è la sessione di bilancio, il senato è una trappola e la legislatura sarà agli sgoccioli. Per questo il Pd votando no si assumerebbe adesso, anche oltre il necessario, la responsabilità di non ascoltare il richiamo di Mattarella a fare presto per correggere il sistema di voto. Il M5S lo sa e Di Maio ha chiesto al presidente della Repubblica «una mano, con la moral suasion» per convincere Renzi a non fa saltare il banco. Il neo segretario del Pd dovrebbe fare in settimana una visita di cortesia al Quirinale. Ai giornalisti che lo seguono nel viaggio in Sudamerica (termina oggi) Mattarella ha detto: «Legge elettorale? ne parliamo in Italia». Non ha detto non ne parliamo