Non tutti i divieti vengono per nuocere. Parola dei pescatori che hanno visto aumentare di molto il loro pescato dopo la chiusura di un’area che da sempre è stata terreno di pesca. I primi a non crederci infatti erano proprio loro. Non lo volevano proprio il divieto, convinti che da questo avrebbero ricevuto solo un danno. Eppure adesso raccontano tutta un’altra storia.

A RACCOGLIERE LE LORO testimonianze è il documentario The Good Story, realizzato nel 2023. Prodotto da MedReAct, fondazione che si occupa della tutela del Mediterraneo e firmato dai registi Francesco Cabras e Alberto Molinari, il video, della durata di 20 minuti, è stato presentato in anteprima alla nona edizione di Our Ocean, la Conferenza Internazionale sul Mare che si è svolta il 16 e il 17 aprile scorsi ad Atene.

L’AREA AL CENTRO del documentario è quella della Fossa di Pomo, situata oltre le 40 miglia dalle coste abruzzesi e a ridosso delle acque territoriali croate. E’ uno degli habitat più importanti per alcuni stock demersali del Mare Adriatico, soprattutto di nasello e scampi ed è considerata una zona di «spill-over» (un serbatoio di risorse giovani e di riproduttori) di queste due specie ittiche che da qui si diffondono in tutto il bacino del Mar Adriatico.

I SUOI FONDALI RACCHIUDONO molti ecosistemi marini vulnerabili: prati di pennatule, giardini di spugne, rocce sparse nei fondali sabbiosi, resti di coralli profondi morti, indicatori di antiche comunità che popolavano il bacino in epoche lontane e ora fossilizzate. Sono ambienti particolarmente sensibili all’impatto delle attività di pesca che, essendo continua e ubiquitaria, ne rende impossibile il recupero.

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DOPO VARIE VICENDE e ripensamenti politici, nel 2017, dietro forte spinta di MedReAct e dell’Adriatic Recovery Project, l’area viene vietata alla pesca, prima con decreto ministeriale e successivamente attraverso la trasformazione in una Zona di Restrizione (Fisheries Restricted Area, FRA) istituita dalla Commissione Generale della pesca nel Mediterraneo (CGPM).

A PARTIRE DA QUELLA DATA l’area inizia a rigenerarsi, con una velocità che neanche i più ottimisti si aspettavano. Dopo soli due anni dalla chiusura i primi dati sul monitoraggio della FRA di Pomo hanno rivelato infatti risultati straordinari: la biomassa di nasello e scampi è quasi raddoppiata e l’area è tornata ad essere popolata da specie, come gli squali, che prima del 2017 erano quasi sparite.

«THE GOOD STORY» racconta tutto questo e soprattutto fa parlare i protagonisti: scienziati, rappresentanti delle istituzioni, ambientalisti ma soprattutto i pescatori. Sono loro che, a fronte di un forte scetticismo iniziale, esprimono il maggiore entusiasmo sia per aver visto crescere così velocemente il pescato nelle aree limitrofe alla Fossa, e quindi beneficiare concretamente delle misure restrittive, sia per essere stati protagonisti in prima persona della rinascita di un’area di mare e di una risorsa ambientale da anni sfruttata e che ora è tornata a respirare.

ORA SONO GLI STESSI pescatori ad essersi trasformati nei principali custodi del tratto di mare: guai a chi prova ad entrarci con intenzioni predatorie. «Oggi – dice Domitilla Senni di MedReAct – la FRA della Fossa di Pomo è inserita in un quadro normativo internazionale e gode di un regime di tutela e controlli funzionante che l’ha resa un caso di buona pratica nella gestione delle risorse ittiche, citato come modello da replicare nel resto del Mediterraneo».

MEDREACT CHIEDE infatti che le stesse misure siano attuate in altre aree strategiche del Mare Nostrum, come il Canale di Otranto, e la zona del Mammellone, nello Stretto di Sicilia.