AGGIORNAMENTO, 27/06/2020, ore 11: Nella tarda serata di venerdì 26 giugno Mediterranea Saving Humas ha twittato: «Alle 23:18 una motovedetta della cosiddetta “Guardia costiera libica” ha completato l’operazione di intercettazione e cattura di “oltre 70 persone” tra cui donne e bambini piccoli a bordo del gommone segnalato». Intorno alle 9 di mattina di sabato 27 giugno la portavoce di UN Migration Sara Msehli ha confermato che a bordo del gommone intercettato e riportato in Libia (che trasportava 93 e non 95 persone) una donna aveva partorito. Sei persone sarebbero morte.

392 sbarchi, 118 persone soccorse, 341 riportate in Libia, 95 su un gommone in difficoltà. Nelle ultime 48 ore la rotta migratoria del Mediterraneo centrale ha registrato quasi mille persone in fuga dall’inferno libico. Mentre scriviamo il rimorchiatore Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans si sta dirigendo a tutto gas verso l’imbarcazione in pericolo a largo delle coste di Misurata in una disperata corsa contro il tempo. La segnalazione è arrivata alle 12.20 di ieri da Alarm Phone (Ap), centralino che diffonde gli Sos dei migranti. La nave umanitaria si trovava a 80 miglia di distanza.

Secondo le informazioni raccolte da Ap il gommone era in «gravissimo pericolo». Tra i 95 migranti anche una donna che avrebbe partorito a bordo. «Sappiamo che ci sono assetti governativi europei che potrebbero intervenire più velocemente ma non lo fanno, presumibilmente perché aspettano i miliziani libici diretti sul posto. Ormai dal radar della Mare Jonio li vediamo a pochissima distanza dal gommone in difficoltà», afferma la presidente di Mediterranea Alessandra Sciurba.

«Sappiamo cosa questo significhi – scrive Ap – respingere le persone nei campi di tortura». Il capo missione dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) a Tripoli Federico Soda ha twittato nel pomeriggio di ieri che: «Più di 300 migranti sono stati riportati in Libia nelle ultime 48 ore. La loro sicurezza non può essere garantita. Molti finiscono nello stesso ciclo di abusi. Nessuno dovrebbe essere ricondotto in Libia».

Miglior sorte è toccata ai 118 tratti in salvo in due diversi interventi dalla Ocean Viking dell’Ong Sos Mediterranée. La nave, salpata il 22 giugno da Marsiglia, continua la navigazione in zona Sar. Mentre la Sea-Watch 3 è in quarantena nella rada di Porto Empedocle in attesa del risultato dei tamponi (si sa solo che il cuoco che aveva decimi di febbre è risultato negativo al Covid-19), la nave Alan Kurdi di Sea-Eye e la Aita Mari di Salvamiento Marítimo Humanitario hanno ricevuto dalla guardia costiera italiana il via libera a lasciare Palermo, dove erano bloccate da inizio maggio. Sono dirette in Spagna.

Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute e private della libertà personale ha presentato ieri in parlamento la Relazione 2020 intervenendo anche sulla tutela delle persone migranti, per mare e in terra. Nel primo ambito sostiene «l’inconciliabile contrapposizione logica tra la previsione di un’area di ricerca e soccorso (Sar) di competenza libica e l’impossibilità di ritenere la Libia un place of safety».

Nel secondo sottolinea come, nonostante con l’arrivo dell’epidemia si sia registrata una significativa riduzione delle persone trattenute nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), nel 2019 sia aumentato di 2.080 unità il numero dei reclusi in tali strutture e anche il tempo medio di permanenza. I rimpatri effettivi sono stati circa la metà dei trattenimenti: per una persona su due la detenzione amministrativa non ha avuto alcuna giustificazione.