«La pandemia da Covid 19 ha cambiato tutto: l’economia mondiale, la gestione della salute, le relazioni personali, l’uso del corpo, distanziato e coperto nei più importanti tratti somatici e comunicativi. Il sorriso si intuisce ormai solo dagli occhi, da quando le mascherine sono uno strumento imprescindibile per convivere in sicurezza. A questo si aggiunge la paura della malattia (…). Tutto è cambiato nell’equilibrio psicofisico individuale e il cambiamento coatto ha fatto emergere con più forza vecchie e nuove forme di disagio».

Inizia così una lettera inviata dai segretari generali di Cgil ed Fp Cgil di Roma e Lazio al presidente della Regione, Nicola Zingaretti. Un appello che a ben vedere si muove sullo stesso solco della denuncia sollevata appena qualche giorno fa dall’organismo scientifico dei medici anestesisti e di terapia intensiva (Siaarti), secondo cui la pandemia sta facendo emergere non solo le antiche carenze strutturali del nostro Ssn (di personale e di risorse: è di ieri l’appello a Draghi dei medici Anaao giovani), ma anche la necessità di rivedere l’organizzazione stessa dell’intero Sistema. Dal triage dei pronto soccorsi ai protocolli di accesso alla chirurgia, dalla scelta delle aree mediche su cui investire con maggiore priorità e urgenza, come la salute mentale, alla digitalizzazione e alla telemedicina: tutto va rivisto alla luce dei nuovi fattori di rischio.

E ANCHE da Milano arriva la denuncia del Naga, associazione laica di volontariato, che parla di migliaia di persone – migranti, senza fissa dimora, occupanti di case per necessità, ma anche persone iscritte al Ssn prive però di accesso alla medicina di base – tagliate fuori ancora oggi dalla campagna di screening e perfino, «di nuovo» – come rivela al manifesto la Caritas nazionale – da quella dei booster, per eccesso di burocrazia e per leggi sbagliate.

«Sono aumentati in maniera esponenziale i disturbi psicologici dell’età evolutiva, le depressioni, gli stati ansiosi, le dipendenze patologiche, i tentativi di suicidio e i disturbi del comportamento alimentare insieme alle nuove problematiche e patologie da Disturbo Post-traumatico da Stress», sottolineano i sindacalisti romani Michele Azzola e Giancarlo Cenziarelli sollevando una questione diventata quantomai urgente e non più negabile. L’insorgere di problemi psichici e psichiatrici non riguarda solo i «fragili», spiegano, ma investe ormai larghe fasce di popolazione.

Proprio per questo la Cgil avverte: la logica del «bonus» non basta più. La lettera è rivolta a Zingaretti – che pure si era positivamente distinto quando, dopo la cancellazione in Legge di bilancio dell’emendamento che destinava 50 milioni di euro al cosiddetto “Bonus psicologico”, aveva stanziato per i suoi concittadini 2,5 milioni di euro «da utilizzare presso strutture pubbliche del Lazio, coinvolgendo la rete degli psicologi e degli psichiatri» – ma anche al governo nazionale.

OCCORRONO, sottolinea il sindacato, «interventi “di sistema”, non limitati nel tempo, che possano garantire l’accesso alle cure del Servizio pubblico indifferentemente da reddito e tipologia di problematica». Occorre reclutare «professionisti specializzati nel disagio post-traumatico e post-pandemico e organizzati in percorsi dedicati all’interno delle Asl con interventi mirati ad abbattere le liste d’attesa ed ampliare la platea degli utenti».

NON È NECESSARIO tirare in ballo l’irrazionalità degenerata di questi tempi o i fatti di cronaca come quello di mercoledì sera a Viareggio, con un Tso che finisce in sparatoria, per capire che il disagio psichico e psicologico non può più essere relegato a un problema marginale. Le strade ne parlano, oggi più di ieri.

«Da sempre diciamo che le politiche di esclusione applicate ai migranti, ai senza fissa dimora, agli emarginati, prima o poi sarebbero arrivati a tutti», dice Riccardo Tromba, volontario e membro del consiglio direttivo di Naga. L’associazione denuncia l’enorme difficoltà che ancora oggi ha nell’accesso ai tamponi «chi non ha l’assistenza sanitaria di base, condizione che va inesorabilmente estendendosi e che non riguarda più solo chi non ha un permesso di soggiorno, ma anche chi a causa di leggi restrittive (art. 5 del Piano casa Renzi-Lupi) e delle scarse risorse messe a disposizione dalle amministrazioni comunali, inclusa Milano, non riesce ad ottenere la residenza né ordinaria né fittizia, e infine le persone sempre più numerose che ne rimangono prive a causa della grave carenza di medici di base».

Sono tanti: secondo i calcoli del Naga, che lavora a Milano da 35 anni, «si può arrivare a parlare di circa 6 mila senza fissa dimora in città, più del doppio dei dati ufficiali». A cui si aggiungono almeno 23 mila persone senza documenti che hanno fatto richiesta di sanatoria per poter accedere al mercato del lavoro nel settore dell’agricoltura e della cura alla persona. Sono persone che «al minimo sintomo di Covid intasano i pronto soccorsi». E anche queste sono persone che non potrebbero spendere alcun “bonus psicologico”.