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Max Berrù Carriòn, cantore del socialismo cileno

Max Berrù Carriòn, cantore del socialismo cileno

Musica Addio al musicista degli Inti Illimani. La Nueva Cancion Chilena, la partecipazione alla campagna di Alliende, l'esilio e gli anni romani

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 4 maggio 2018

Il primo maggio è morto Max Berrú Carriòn, uno dei fondatori degli Inti Illimani. L’ho conosciuto nel 1975 che ero alto poco più del suo tamburo ricavato da un tronco d’albero: sapeva incantare tutti, ma con i bambini aveva una capacità particolare. Il calcio era una sua grande passione e lo portò, chitarra in spalla, a imbarcarsi per il Cile dall’Ecuador dove era nato nel 1942. Era l’anno dei Mondiali, quelli del ‘62, e Max voleva vedere giocare Pelè. Alla fine del Mundial Max resta in Cile, s’iscrive all’università e la sera canta con Jorge Coulon nella peña di Horacio Durán.

Nel 1967 gli Inti Illimani, uno dei complessi musicali che, con Violeta Parra, Victor Jara, i Quilapayun, animarono la Nueva Cancion Chilena, il movimento politico-culturale che anticipa di vent’anni la World Music. Alla fine del decennio, gli Inti Illimani sono in tourné in Bolivia, Perù e Argentina, dove Max compra il suo bombo leguero che lo accompagnerà per una vita. Nel 1970 partecipano alla campagna presidenziale di Salvador Allende e poi musicano il programma di Unidad Popular. Nasce il disco Canto al programa, un progetto diretto da Luis Advis (Canción del poder popular) e Sergio Ortega (Venceremos, El pueblo unido).

L’11 settembre del 1973, il golpe di Pinochet finanziato da Nixon e Kissinger interrompe la via cilena al socialismo. Quel giorno inizia a morire anche l’intera sinistra mondiale: il Cile sperimenta il modello neo-liberista di Milton Friedman, l’economista che teorizzava «lo shock per far diventare politicamente inevitabile ciò che è socialmente inaccettabile». Quel giorno gli Inti Illimani sono a Roma per l’ultima tappa di una tourné europea che termina quella sera con un concerto a Tiburtino III.

I primi cinque anni di esilio li passano a Genzano di Roma, dove il sindaco comunista Cesaroni mette a disposizione una palazzina. In quella fase, gli Inti registrano dischi con i canti di lotta e i pezzi che avevano «raccolto» durante i viaggi sulle Ande, come Dolencias che Berrù ricordava fin dalla sua adolescenza a Quito. Negli anni Settanta conoscono un successo planetario. Anni dopo Max mi rivelerà che quel successo aveva dato loro alla testa. In quel periodo s’innamora della Sardegna e a Santa Maria Navarrese tornerà per il resto della sua vita.

L’esilio finisce nel 1988. Gli Inti iniziano a collaborare con Amnesty International dividendo la scena con Sting, Springsteen, Tracy Chapman e Peter Gabriel. Nel 1998, dopo 30 anni e 25 dischi, Berrù lascia il gruppo. Famoso il suo aneddoto con il benzinaio che gli disse: «Scusi compagno Max, ma lei non ha chiesto il permesso al popolo per ritirarsi dagli Inti Illimani».

A Santiago Max apre un ristorante: La Mitad del Mundo, un eccellente progetto gastronomico e musicale. Berrù del resto continua a registrare dischi (Intimo, Cantando como yo canto) e a suonare con il suo nuovo gruppo: Los Insobornables, gli incorruttibili, composto anche dai figli Tocori e Cristóbal.
Negli ultimi tempi, aveva ripreso la sua attività politica nel partito comunista. Un anno fa ha scoperto di avere un cancro. In una delle ultime interviste ha dichiarato: «Sono un privilegiato perché nei miei trent’anni con gli Inti Illimani ho alimentato lo spirito di milioni di esseri umani attraverso il canto».

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