Entro la fine dell’anno l’Italia ritirerà 486 militari dall’Afghanistan proseguendo così le operazioni di disimpegno in vista del 2014, quando la missione Isaf sarà definitivamente chiusa. Ad annunciarlo è stato ieri il ministro della Difesa Mario Mauro intervenendo nel dibattito in corso alla Camera sul decreto per il rifinanziamento delle missioni all’estero. Quello italiano non sarà però un addio totale. Un po’ a sorpresa, il ministro della Difesa ha infatti spiegato che 800 soldati continueranno a rimanere in Afghanistan per garantire la sicurezza dei mezzi impiegati dalle nostre forze armate. «Abbiamo compiti di comando di un’intera regione e dobbiamo garantire un’evacuazione coerente», ha spiegato Mauro. Una scelta conseguente alle operazioni di smobilitazione che però il titolare della Difesa ha annunciato come cosa fatta senza che prima ci sia stata nessuna discussione in parlamento, come non hanno mancato di sottolineare alcuni parlamentari di Sel, Pd e M5S.
Il cammino del decreto che rifinanzia con 700 milioni di euro le missioni, prosegue però con fatica il suo cammino. I deputati di Sel e del M5S continuano infatti l’ostruzionismo al provvedimento, che scade il prossimo 9 dicembre, rallentando il più possibile lo svolgimento della discussione in aula. Un comportamento che però non sembra preoccupare il governo, almeno per ora intenzionato a non porre la fiducia, come ha annunciato ieri il ministro per i rapporti con il parlamento Dario Franceschini.
Per l’Italia la fase di transizione che in Afghanistan prevede il passaggio dei poteri alle autorità locali è ormai completata. «Alla fine di questo passaggio tutti i distretti saranno sotto al responsabilità afghana», ha detto Mauro. «Già oggi l’87% della popolazione vive in aree dove la sicurezza è in mano afghana». Per quanto riguarda la regione ovest del paese, quella a guida italiana, 31 dei 43 distretti sono già sotto controllo afghano e i rimanenti 12, ha concluso Mauro, «lo saranno entro al fine dell’anno». Il ritiro dei nostri soldati avverrà invece in due scaglioni: entro il 23 novembre rientreranno in Italia 367 uomini, seguiti da altri 119 entro il 21 dicembre. In questo modo resteranno in Afghanistan 2.800 uomini, mille in meno rispetto al 2012. «Deve essere chiaro che Isaf si concluderà nel 2014 – ha voluto comunque rprecisare il capogruppo Pd in commissione difesa Piero Scanu – e che degli 800 uomini che resteranno nel Pese nessuno deve avere funzioni militari».
Le parole di Mauro non hanno però convinto Sel e M5S, che continuano a contrastare il decreto. Con Giulio Marcon che ieri è tornato a chiedere le dimissioni del titolare della Difesa: per aver giustificato l’acquisto di tre F35 nonostante lo stop deciso dal parlamento, ma anche per la decisione di mantenere una presenza italiana in Afghanistan oltre il previsto. E questo, spiega il deputato di Sel «senza attendere il dibattito e il pronunciamento del parlamento, visto che la nostra presenza i quel Paese è programmata solo fino alla fine del 2014».
Semaforo rosso, per ora, anche dal M5S. Stranamente nei giorni scorsi il governo aveva respinto un emendamento dei grillini che chiedeva il ritiro entro dicembre di 280 soldati, salvo poi presentarsi alla Camera e annunciarne il ritorno di quasi 500. «Segno che non si parlano neanche tra di loro», attacca il deputato Massimo Artini. La decisione dell’esecutivo non ha però convinto il M5S a rinunciare all’ostruzionismo. E oggi i pentastellati riprenderanno la trattativa con il governo sempre sulla presenza dei militari italiani a Kabul.