Ci sono musicisti che, portati dalla loro stessa natura, fanno del loro meglio per assecondare l’erranza, l’inquietudine interiore che spinge a muoversi e cambiare destinazione. Quando poi il destino riesce, con colpi ben assestati, a posizionare quei musicisti nel crocevia esatto dove accadono le cose giuste al momento giusto, avviene il miracolo: nasce, quasi di necessità, buona musica.

Mauro Pagani è una di queste figure. Per quanto la nostra pigrizia tenda a confinare il polistrumentista, compositore e arrangiatore biellese in qualche ben precisa avventura discografica di gran riscontro (una su tutte: il disco miracolo con Fabrizio De André che diventò il capostipite delle «note mediterranee» d’autore in Italia, Crêuza de ma, di cui scrisse tutte le musiche, avendo anche già in testa l’impianto fonetico di una lingua «altra», che poi fu il genovese), la biografia di Pagani è quella di un talento inquieto e mercuriale, sempre in movimento.

Ci voleva un’autobiografia ben scritta come Nove vite e dieci blues (Bompiani) per mettere sul piatto una vita di musica convulsa, tesa, piena di dubbi e illuminazioni, scoperte e nobilissimo artigianato del pentagramma. Chi altri conoscete che sia ruscito a lavorare con Demetrio Stratos ma anche con Massimo Ranieri, con Guccini e con Sanremo, e che poi possiate ritrovare in un quasi anonimato a New York, per anni, con le avanguardie jazzistiche, a fare improvvisazione radicale con le «conduction» di Butch Morris?. Mauro Pagani si svela e si racconta, tornato a nuova vita dopo una brutta frustata inferta alla sua salute dal destino, nel 2020: ed è lo stesso uomo che suonava con la Pfm e con i medievisti di Alia Musica, l’appassionato ricercatore di suoni acustici «altri», lo sperimentatore delle più azzardate formule per costruire colonne sonore.

Chi invece torna ad essere raccontato, con una completezza che sino ad oggi era mancata, è il grande Giorgio Gaber, ora che gli anni hanno sedimentato una patina di quasi quattro lustri, dalla sua scomparsa. Ci ha pensato il giornalista Sandro Neri con un’edizione rivista e ampliata di Gaber (Hoepli), il testo definitivo sul magnifico uomo di teatro, di parola e di musica.

Oltre trecento pagine con decine di testimonianze e piste da seguire, foto rare e rarissime, dagli esordi negli con Paoli, Jannacci e Celentano ai poderosi, disturbanti Settanta dei monologhi e del teatro canzone acuminato e necessario. In fondo al libro una discografia integrale commentata, con segnalazione di rarità e registrazioni «live» degli spettacoli teatrali.