Malpagati e sfruttati. Neanche per un compito gravoso e istituzionale come quello di commissari agli esami di Stato i docenti italiani sono stati valorizzati economicamente. Le commissioni che da lunedì scorso lavorano per consentire la riuscita della maturità sono state anche quest’anno composte a fatica. Il ruolo costa tempo (almeno 15 giorni dalla presa dell’incarico), fatica, esige responsabilità e accuratezza e si svolge molto spesso in istituti distanti dalla residenza. Ragione per la quale vengono richiamati anche docenti pensionati. Nel Lazio, ad esempio, questi ultimi rappresentano il 10% del totale.

I compensi dei docenti commissari sono regolati da un decreto interministeriale del 2007. In diciassette anni non sono mai stati ritoccati, quindi, ad oggi, il presidente prende 1.249 euro lordi se in una commissione con due classi, la metà se ne ha una; un commissario esterno percepisce 911 euro lordi se ha due classi, il 50% in meno se ha una classe sola, mentre quello interno 399 euro lordi a classe con una piccola maggiorazione se ne ha due. A questo si aggiungono gli incarichi senza alcun compenso: segretario della sottocommissione, docente di sostegno, esperto del liceo musicale, docente in sorveglianza, segretario verbalizzante (nonostante questo abbia un carico di lavoro maggiore). Cifre irrisorie: calcolando un impegno minimo di almeno 6 ore giornaliere, per il commissario interno si tratta di 4,70 euro lordi l’ora. «Compensi ridicoli, quasi offensivi per un insegnante che conduce con dedizione la sua missione educativa: come si fa a dare meno di 200 euro netti a un commissario interno?», si chiede Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief.

Pacifico ricorda che, una volta terminati gli esami, molti docenti «dovranno comunque rimanere a scuola per le attività estive, tra verifiche e scrutini degli studenti con debiti e in tanti riusciranno a malapena a fruire le ferie previste per legge, altro che tre mesi di vacanza». Nino De Cristofaro, membro dell’esecutivo nazionale Cobas, denuncia: «Le scuole ormai sono aziende che affogano nella burocrazia con lavoratori sempre più poveri a causa della riduzione del potere di acquisto del 20%, ecco perché per molti questo esame è sempre meno attrattivo e si fa ricorso ai docenti in pensione». Se il ministro all’Istruzione e merito Valditara parla di allarmi infondati e anzi di una riduzione del numero delle sostituzioni, i docenti nominati raccontano una storia diversa. «Non ho più le forze per affrontare due sedi così lontane» ha confessato un professore nominato in due scuole ai lati opposti di Roma a Orizzonte Scuola.

«Non ci danno i dati ma sono quelli: colleghi nominati fuori dalla provincia dove risiedono, il ricorso ai docenti in pensione nonostante nella scuola lavorino 1 milione di docenti, di cui circa 200mila precari», dice anche Rossella Latempa, insegnante di Matematica e Fisica in un Liceo di Verona e membro di Roars (Return on academic research and school). «Vedo tanta retorica ma ancora nessuno sa spiegarmi perché lo scorso anno tutti i miei colleghi di Storia dell’Arte della provincia di Verona, per fare un esempio, sono stati nominati in tutte le province del Veneto, tranne in quella in cui lavorano», insiste Latempa.

Intanto oggi studenti e studentesse sono alle prese con il secondo scritto, dopo la prova d’italiano di ieri. A differenza dello scorso anno, quando Valditara aveva voluto suggellare il nuovo corso del governo di destra sulla scuola con tracce esplicitamente sovraniste, in questo caso si è trattato di esercizi di analisi meno connotati ideologicamente. Anzi, selezionati in modo tale da impedire qualsiasi aggancio all’attualità politica, se si esclude il testo antimilitarista di Ungaretti che però non è stato tra i più scelti. Per la segretaria generale Flc Cgil, Gianna Fracassi è «opportuno avviare un ragionamento a monte degli esami di stato seguendo l’ampio dibattito che si è aperto nella categoria e tra i pedagogisti». Al contrario, «Valditara, con il ddl su valutazione e condotta, procede verso una impostazione totalmente in antitesi e manifesta un’idea di valutazione formale e autoritaria». «Peraltro – conclude Fracassi – il peso e la responsabilità di un momento così importante per gli studenti, ricade sulla disponibilità e la professionalità del personale della scuola».