«Non sarà un titolo di giornale a fermare il lavoro che fino a oggi è stato portato avanti da persone che prima non si conoscevano e che si sono ritrovate vicine nei valori più alti della nostra Costituzione». Con questa frase, affidata a un comunicato, i quattro organizzatori bolognesi della sardine ieri hanno chiuso una vicenda che sfiora il ridicolo, se non raccontasse qualcosa dell’informazione italiana. Qualcosa di non commendevole.

La vicenda. Sul Fatto quotidiano Stephen Ogongo, attivista dei diritti di cittadinanza e «sardina romana», viene intervistato sulla piazza prossimo sabato 14 dicembre. Sarà una piazza aperta e accogliente, senza paletti, risponde al cronista, «per ora è ammesso chiunque, pure uno di Casapound va benissimo, basta che scenda come sardina». Casapound prende la palla al balzo e annuncia che scenderà in piazza, senza «cantare Bella ciao» s’intende.

L’equivoco (che equivoco non è, piuttosto una trappola buttata fra i piedi di un giovane entusiasta) viene smentito a stretto giro. I ragazzi bolognesi spiegano, se mai ce ne fosse bisogno, che il movimento è e resta «antifascista sempre». Ogongo a sua volta precisa che le sue parole sono state «travisate», «saremo in piazza sabato proprio per dire basta a chi, come Casapound, da anni inonda di odio e di violenza il dibattito pubblico e la vita politica del nostro Paese», «la piazza di San Giovanni di sabato sarà aperta a tutti coloro che sposano i valori della democrazia, dell’uguaglianza, del rispetto reciproco». Casapound, a cui è stato regalato un gratuito e improvviso giro di media, allunga il brodo e non riconosce ai quattro bolognesi l’autorità di decidere del perimetro del proprio movimento.

Vicenda chiusa. Ma è il battesimo del fuoco mediatico per Mattia Santori, il front man del movimento. «Stephen l’ho conosciuto con il gruppo di Roma, in passato è stato attivo per lo ius soli, lavora in un’agenzia di comunicazione», spiega amareggiato al telefono.

La risposta di Ogongo è stata una leggerezza?

Stephen è cascato nel classico tranello di certi giornalisti. Io ho sentito l’intervista, ha spiegato che in piazza non ci saranno colori partitici. Rispondeva alle domande sulla simpatia per le sardine espressa da Francesca Pascale (la compagna di Silvio Berlusconi, ndr). E non essendo avvezzo alle interviste, al cronista che gli chiedeva se la piazza era aperta a tutti, quindi anche a Casapound anziché rispondere «no» ha risposto «apriamo a tutti». Un errore. Ma il resto è sciacallaggio.

Dovete stare più attenti ai media?

Già eravamo sotto attacco, stavolta si è scatenato l’inferno. Ma questo dimostra che la piazza di Roma fa paura, che se prima eravamo sotto attacco ora contro di noi c’è una guerra. E anche che c’è tanta gente in cerca di visibilità. Se Casapound arriva a dire che frequenta una piazza antifascista organizzata da un referente di colore che lotta per lo ius soli, vuol dire che si vuole fare solo tanta grande confusione.

Ma ora non c’è il rischio che i ‘fascisti del terzo millennio’ si presentino davvero a piazza San Giovanni?

Non credo. Quelli di Casapound non sono i benvenuti. Anche perché quella del 14 sarà una piazza di sardine, ma al proprio interno avrà anche una parte della rete antifascista e una parte della rete dei centri sociali. Se Casapound viene in maniera organizzata immagino chele forze dell’ordine non li faranno neanche avvicinare. Non fanno avvicinare gli antifascisti alle manifestazioni di Casapound, immagino che a parti inverse faranno altrettanto. In ogni caso non credo che verranno.

Questa vicenda per voi cambia qualcosa?

Ma no, non cambia niente. Sarebbe stato meglio evitarla, ma chiunque si rende conto che se siamo un movimento spontaneo che riempie le piazze l’errore può capitare. Ma se uno arriva a dubitare del fatto che invitiamo a Casapound a piazza San Giovanni non ha capito niente di chi siamo. Non credo però che chi ci segue si fida di più di un giornalista che di quello che diciamo noi.