La collaborazione deve continuare. Il messaggio che Sergio Mattarella consegna alle alte cariche dello stato, ricevute ieri pomeriggio al Quirinale per gli auguri, ha una sola lettura. Ma molte possibili applicazioni.

Il richiamo alla collaborazione vale innanzitutto per quella che sarà l’attuazione «nei tempi previsti» del Piano di ripresa e resilienza, dove «il successo dell’Italia sarà condizione di successo per l’intera Europa». Vale per il governo del paese, tanto più adesso che la strana maggioranza dà evidenti segni di logoramento. Il presidente della Repubblica ne approfitta per esprimere, ora, «un riconoscimento alle forze politiche che hanno colto il senso dell’appello rivolto al parlamento affinché nell’emergenza si sostenesse un governo per affrontare con efficacia la pandemia». L’invito del presidente alla collaborazione può valere, infine, anche come viatico all’impresa che attende il parlamento: l’elezione senza danni del suo successore. Non è direttamente di questo che parla il presidente quando conclude il suo discorso alle alte cariche, ma le sue parole di augurio aderiscono alla perfezione anche all’imminente, atteso e difficile, passaggio: «Lo spirito costruttivo e collaborativo, reciprocamente rispettoso, possa divenire un tratto stabile dei rapporti istituzionali».

Quanto a lui, il capo dello Stato ritiene di non dover insistere sul momento del commiato. Per la prima volta da tempo non ne accenna nell’intervento al Quirinale – con le autorità ben distanziate nel salone dei corazzieri e tutti gli altri fuori a seguire lo streaming – forse perché soddisfatto nell’aver visto finalmente comprese le ragioni per le quali è indisponibile al mandato bis. Vero è che poche ore prima, alla Farnesina per la conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori, Mattarella aveva salutato dicendo: «Questa è l’ultima occasione in cui posso rivolgermi a voi».

Tanto convinto è il presidente della necessità che «istituzioni» e «comunità», forze politiche e cittadini, salvaguardino lo spirito di collaborazione che è stato raggiunto nella battaglia alla pandemia, anche nella normale dialettica tra maggioranza e opposizione quando l’emergenza sarà finita, che propone una lettura dei mesi trascorsi fortemente improntata all’ottimismo. La fiducia degli italiani nella scienza e nelle istituzioni, sice, è stata forte. Anzi, alle «poche eccezioni si è forse dato uno sproporzionato risalto mediatico». C’è stata collaborazione al governo «ponendo in secondo piano divisioni e distinzioni legittime» e un «atteggiamento costruttivo ha accomunato sovente maggioranza e opposizione». Le polemiche fortissime sui diritti civili negati, le ossessive denunce di «dittatura sanitaria», il corteggiamento politico dei no vax, le ambiguità sulla «matrice» di certi assalti squadristi, tutte queste cose il presidente vuole evidentemente lasciarle alle spalle. Persino il rapporto tra stato e regioni, che è passato non solo per gli scontri verbali e i gesti eclatanti dei «governatori» in cerca di protagonismo, ma anche per concreti conflitti di attribuzione alla Consulta, secondo il bilancio di Mattarella in realtà «ha funzionato».

È chiaro che al presidente non sono sfuggite nel corso dei mesi non sfuggono adesso le difficoltà, alcune le cita. Ma rivolgendosi ai ministri, ai presidenti delle camere e ai leader politici, dichiara che «mi sembra giusto rintracciare questo filo di speranza» fatto di «comportamenti virtuosi, gesti responsabili, disponibilità e generosità». È il senso del suo commiato con le istituzioni, in attesa di quello che tra pochi giorni, a capodanno, indirizzerà a tutti i cittadini: «Sappiamo essere uniti sulle grandi scelte quando le circostanze della vita lo richiedono».