L’anno che si annuncia per “Matera capitale europea della cultura 2019” (iniziano le danze il 19 gennaio e proseguono fino al dicembre prossimo) è sicuramente importante per la città dei Sassi, anzi segna una data spartiacque da cui non si potrà tornare più indietro. Nel bene e nel male Matera non sarà più come prima. Sia chiaro, già la città è cambiata da alcuni anni con un flusso di visitatori italiani e stranieri impressionante, una trasformazione dell’accoglienza turistica, con centinaia di residenze, inimmaginabile soltanto pochi anni fa. Chi ha amato e seguito da più di 40 anni, anche da cronista di questo giornale, questa città unica ma insieme universale, non può che registrare un cambiamento epocale, denso di opportunità ma anche pieno di problemi e di insidie. Naturalmente senza enfasi banali e pericolose, ma anche senza pessimismi autoassolutori e impotenti, Matera va “tallonata” in un anno in cui questa cittadina del Sud d’Italia rappresenterà un po’ la metafora dell’intera condizione attuale del nostro Mezzogiorno. Non senza aver prima ricordato però che proprio sulla cultura (dalla proclamazione di Capitale europea della cultura sono passati più di 4 anni) Matera poteva fare da avanguardia nell’esprimere la distanza dal “consumo fine a se stesso” che rappresenta ormai da anni ovunque il passato (che purtroppo non passa, ahinoi) mentre c’è grande fame di futuro e cioè di “fabbriche” della cultura, di strutture adeguate produttrici di lavoro e insieme quindi di consumi vitali e duraturi. Invece il programma messo in piedi dalla Fondazione che gestisce le manifestazioni spettacolari e culturali è troppo generico, il suo tallone di Achille è proprio la mancanza di punti forti su cui poggiare un futuro strutturalmente ricco. La grande festa è una gioia per tanti (diciamo pure per tutti noi) ma non deve essere un velo che copre le mancanze strutturali della città. In una precedente perlustrazione (vedi le pagine dedicate da Alias a Matera il 26 novembre del 2016, ndr) abbiamo denunciato questo vuoto programmatico forte (anche in ambito civile, tra l’altro). Non mancheremo di parlarne in questo anno con articoli che faranno il punto sui vari aspetti della cultura. Sulla povera situazione cinematografica della città, quando invece Matera è ormai non solo un set naturale per il cinema ma possiede un bagaglio di memorie filmiche su cui si potrebbe intervenire con profitto e invece non lo si fa; sulla situazione artistica, più avanzata ma non ancora all’altezza del compito, in un luogo dove l’arte (a partire dalla scultura) è connaturata, diremmo incarnata, nella materia stessa della città; sul sistema bibliotecario e in genere “del libro” con “distrazioni” e arretratezze non più sopportabili; sui centri studi che si potrebbero mettere in moto (Matera ha una lunga storia legata a personaggi di valore sia locali che esterni – citiamo soltanto per ora un Leonardo Sacco o un Adriano Olivetti – che hanno lasciato alla città materiali che aspettano soltanto di essere valorizzati) ma languono quando non sono del tutto in alto mare. E anche ciò che c’è di valido andrebbe potenziato e portato immediatamente “in Europa”. Va fatto anche il tragitto inverso naturalmente e non soltanto “concedendo” una festa annuale. Matera chiama Europa quindi soltanto se l’Europa chiama Matera. Se l’Europa è in grado di capire che la crisi che l’attanaglia deriva proprio da una mancanza di rivoluzione (federalista?) municipale, cioè dalla mancanza di partecipazione dei cittadini che può partire solo dalla base della piramide. Se Matera è in grado di capire che deve lasciarsi indietro tutte le sottoculture sudiste e reazionarie che hanno imperversato al sud (e non solo) e impedito di lavorare per una Matera europea che dialoga “a tu per tu”, senza complessi di inferiorità quindi, con gli altri municipi e le altre città europee. Sapranno entrambe, Europa e Matera, approfittare di questa occasione per un salto di qualità? Gli annunci iniziali non sono proprio all’altezza. Tuttavia vedremo.

Intanto cominciamo a interrogare il mondo universitario che ha lavorato sulla letteratura, sul paesaggio, sull’urbanistica, sul rapporto tra cultura e società civile (vedere le due interviste a lato). Non senza aver ricordato che un figlio adottivo della Basilicata, Carlo Levi, sceso qui per ragioni dolorose e punitive del regime (fascista) di allora, seppe cogliere il senso universale e la ricchezza egualitaria delle culture diverse. Con uno scambio che generò una “metafora” ancora attuale, capace di parlare al mondo da un piccolo mondo, di evocare “la Lucania che è in ciascuno di noi, forza vitale pronta a diventare forma, vita, istituzioni, in lotta con le istituzioni paterne e padrone”.

Le forze che hanno accolto, in questi ultimi anni, con spirito critico la gestione di questa occasione di “Matera 2019”, devono uscire allo scoperto, al di fuori di proteste occasionali e pessimismi depressivi, e porsi un problema ambizioso di egual misura.

Mariavaleria Mininni, ecologa e urbanista, è docente all’Università degli Studi della Basilicata. Esperta di landscape è interessata anche ad altri aspetti del paesaggio come l’agricoltura urbana. Pugliese ma innamorata di Matera, Mininni ha al suo attivo varie pubblicazioni tra cui il decisivo saggio “Matera Lucania 2017. Laboratorio Città Paesaggio”.

Matera è stata in passato un laboratorio in campo urbanistico e non solo. Come può esserlo oggi di nuovo?
E’ un tema che mi sta molto a cuore. Matera continua ad essere una città stimolante. Sono una cittadina temporanea (vengo da Bari) ma ne ho assunto in tutti gli aspetti la sfida culturale e progettuale. Matera ha dato in passato qualche lezione sulla capacità di farsi protagonista del proprio destino. E’ passata da vergogna nazionale a sito mondiale dell’Unesco. Ha saputo interrogarsi sul destino dei centri storici. In definitiva, penso che abbia saputo dialogare in modo straordinario tra passato, presente e futuro. Conservando questa dimensione antropologica che ne fa un luogo “profetico”, fuori da aspetti che hanno caratterizzato altre città. Alcuni giovani sono rimasti qui perché hanno trovato per ora un ruolo. E trattenere questi giovani è fondamentale. Il momento insomma è di grandissima importanza. Matera può ritornare ad essere un nuovo laboratorio.

2) Passato e presente, città e campagna. Ma non pensa che sia precipitata la situazione?

Non sono pessimista. Si tratta di vivere bene il presente recuperando il passato di agro-urbanità, questa oscillazione continua tra campagna e città che si è espressa qui in maniera moderna (la città chiede cibo e la campagna dà). Matera ha ancora, dentro la città, la dimensione dell’agricoltura. Questa dimensione è stata straordinaria e proficua come non è capitato altrove. Nell’agro della Martella, dopo l’evacuazione dei Sassi, si è pensato a un innesto contadini-città (comunità) che ha portato Matera all’apice di questa riflessione. Per questo, davvero, non mi sento pessimista. Ripeto: Matera può tornare ad essere un laboratorio.

3) Lei ha parlato di “agenda urbana”. Può dirmi quale è a partire

proprio dall’anno che inizia e vede questa città all’attenzione di molti?

Per prima cosa non bisogna limitarsi agli straordinari scenari dei Sassi. Se non c’è anche quello che li circonda, Matera rovina. Il connubio città-campagna deve essere proficuo, non come la dispersione che avviene altrove. Credo nella capacità di questa terra di rilanciare un nuovo modo di abitare, di fare turismo.

Matera ha un cuore che non si fa travolgere. In città ma anche nei paesi che la circondano le persone semplici hanno sempre una dignità. Qui, insomma, la povertà non è mai desolazione. In questo andirivieni che faccio tra Bari e Matera trovo continui stimoli in questo senso.

La nuova agenda? Una è fondamentale: rafforzare il ruolo culturale della città, per esempio l’Università che deve interagire con la politica e le imprese. L’agenda urbana ha il problema decisivo della cultura, l’unico modo per agganciare il presente e il futuro a un passato che ha visto tantissimi nomi, in ogni ambito del sapere e dell’arte (da Levi a De Martino, da Scotellaro a Olivetti), confrontarsi con il progetto del suo futuro.

4) Ma quali sono, secondo lei, le criticità alla luce del programma di “Matera

2019”?

Non condivido l’idea che il successo possa compromettere la città. Il problema vero è la guida di questo processo. “Matera 2019” avvierà una nuova fase, ma questo “picco” può portare anche in seguito alla depressione. E’ soltanto la lunga durata che può dirci del risultato. Perché lo shock può creare anche un luogo molto competente. Certo, va detto poi che Matera non si merita i politici che ha.

Franco Vitelli, ordinario di letteratura italiana all’università di Bari. lucano e materano (di Pisticci per la precisione), è il curatore della poesia di Rocco Scotellaro oltre ad essere stato l’organizzatore più attento dei convegni più illustri fatti su Levi e Scotellaro. E’ anche tra i curatori del numero (dedicato a Levi e Scotellaro) dell’edizione italiana di “Forum italicum”, rivista americana di prestigio. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di critica letteraria.

Si è occupato, in studi e convegni, di Carlo Levi e Rocco Scotellaro. Ritiene che la loro lezione sia stata trascurata in quest’avvenimento di Matera 2019?

Da quel che a me risulta, nulla, se non qualcosa di estemporaneo, è stato fatto per valorizzare questa importante tradizione. Forse perché erroneamente si ritiene che essa rappresenti il passato senza incidenze sul presente. D’altra parte, i due “fratellastri” nella nostra terra sono stati spesso (anche da ultimo) guardati con sospetto. Per diverse ragioni, sia politiche che di incomprensione culturale. Altrove, nel mondo, non è così. Basti guardare agli USA, dove ha avuto grande fortuna il numero speciale della rivista “Forum Italicum” dedicato ai due grandi intellettuali e scrittori, significativamente intitolato “La Lucania è dentro di noi”.

In che modo il passato culturale a Matera e in Basilicata può aiutare a uscire da uno stallo tutto spostato sul presente, con la qualità degli avvenimenti che spesso resta in superficie?

Matera è quella che è in virtù del suo passato; la nostra città, (la nostra regione in generale) è diventata famosa nel mondo grazie al “Cristo si è fermato a Eboli” e alle indagini degli antropologi stranieri che negli anni Cinquanta ne hanno fatto un importante laboratorio culturale. In verità, quella fiorente stagione, nella quale un ruolo primario hanno avuto personaggi “scomodi” come Rocco Mazzarone e Leonardo Sacco, ha subito un progressivo declino, cui poco è stato opposto. Mi pare che il taglio dato a un fatto di grande rilievo, quale è il traguardo di Capitale europea della cultura, sia piuttosto quello di privilegiare, in linea con i tempi, l’evento che fa rumore e si consuma. È una scelta che rispetto ma non condivido. Né, d’altra parte, si possono assecondare piaggerie di natura provinciale. La forza di una identità si misura nel rapporto che essa è capace di instaurare con l’altro, il mondo diverso e complesso. Purtroppo, Matera 2019 sinora si è rivelata un’occasione mancata nel favorire la ricerca, l’approfondimento storico-sociale e culturale come supporto dello sviluppo.

3) Da studioso della letteratura quindi è molto critico sul programma di “Matera capitale europea della cultura”?

Il mio mestiere può certo suggerire delle idee, ma forse è più opportuno guardare con l’occhio del cittadino che si chiede in che modo e misura egli possa godere dell’opportunità che è capitata in sorte alla città. Voglio dire che il cittadino reclama fatti che incidano sul suo modo di essere in forma duratura, incidano cioè sulla trasformazione del livello culturale e civico, sulla qualità della vita. Forse, nonostante i ritardi accumulati, si fa ancora in tempo a muoversi in questa direzione.

4) E allora, come avrebbe impostato lei un avvenimento del genere?

Non tocca a me dare direttive; c’è stato chi ha approntato un programma che è risultato vincente e merita rispetto. Tuttavia, mi chiedo come faccia una città che è capitale europea della cultura a sopportare che vada alla malora quel grandissimo patrimonio rappresentato dalla Biblioteca “Stigliani”, almeno fino a qualche tempo fa un vero e proprio gioiello che non aveva nulla da invidiare ad altre più note Istituzioni. Come faccia a non agevolare la vita delle librerie esistenti, magari favorendo anche la nascita di nuove. Da quel che io so la cultura passa in maniera determinante attraverso queste vie. C’è voluto ancora una volta l’intervento del Presidente Sergio Mattarella per valorizzare l’opera di un maestro che va in giro nei paesi a portare libri nel suo furgoncino, ricordando forse la benemerita azione di Adriano Olivetti con i suoi bibliobus. Io lo ricordo ancora quello della piazza del mio paese, che tanto ha contribuito a far crescere me e altri. Ecco, se non vogliamo che Matera 2019 si riduca al moltiplicarsi di locali dell’effimero, bisognerebbe pensare a una sorta di piano straordinario e ripetibile di educazione alla lettura. Non penso a festival, feste e festini; di questi in giro ce ne sono già e soverchiano. Penso piuttosto a un’azione rivolta a coinvolgere strati sociali e luoghi esclusi.

I LIBRI

Una prima perlustrazione sui libri che accompagneranno questi articoli su Matera capitale della cultura europea 2019. Su urbanistica e paesaggio non si può non leggere il libro di Mariavaleria Minniti “Matera Lucania 2017. Laboratorio città paesaggio” (edizioni Quodlibet). Da procurarsi anche il corposo (724 pagine) volume curato, con altri, da Franco Vitelli “Lucania within us. Carlo levi e Rocco Scotellaro” (edizioni Sage). Si tratta della traduzione del numero della rivista americana “Forum Italicum” ricco di saggi. Sulla storia della città da procurarsi almeno due volumi di storici scomparsi: l’excursus di Raffaele Giura Longo “Per Matera si cambia. Breve storia della città” (edizioni Giannatelli) e il vecchio libro di Leonardo Sacco “Matera contemporanea” (edizioni Basilicata).

IL PROGRAMMA

Non si possono sintetizzare in breve 48 settimane di appuntamenti spettacolari per l’anno di Matera capitale europea della cultura che inizia il 19 gennaio (ore 19) con la presenza di svariate autorità tra cui il presidente della repubblica Sergio Mattarella. La città sarà invasa da 54 bande musicali italiane ed europee che apriranno le danze. Tra gli appuntamenti dell’anno da rimarcare (per il programma completo vedere il sito della Fondazione Matera 2019), nelle cinque sezioni in cui è divisa la rassegna, ci sono, per l’arte, Mimmo Paladino e Armin Linke, per il teatro un allestimento de “La cavalleria rusticana” nei Sassi ad opera del San Carlo di Napoli, una versione del “Purgatorio” di Dante in collaborazione con Ravenna con 1200 partecipanti, l’anteprima di “Apolllo Soundtrack” con Brian Eno. E una miriade di appuntamenti giornalieri che attraverseranno la poesia, molti generi musicali, i convegni, le letture, il cinema. Insomma una kermesse dal sapore di “festa mobile”.