Al confine fra le prefetture di Gifu e di Fukui, una zona di passaggio fra il Giappone orientale e quello occidentale, in una località selvaggia e circondata da montagne, si trova un piccolo laghetto chiamato Yashagaike. Yasha, mutuato via Buddismo dal sanscrito yaksha, in giapponese significa creatura divina o demone guardiano, mentre ike denomina uno stagno o, come in questo caso, un piccolo lago. La leggenda vuole infatti che in questa zona, lontana da tutto e tutti, vivano nel lago un drago e altre creature mitiche. Queste storie furono raccolte e messe su carta nel 1913 dallo scrittore Kyoka Izumi che ne fece una rappresentazione teatrale per kabuki, intitolata appunto Yashagaike, ancora oggi molto popolare nell’arcipelago.

NEL CORSO dei decenni questa piéce teatrale è stata messa in scena, adattata, tradotta in inglese, trasmutata in opera e anche su pellicola. Nel 1979 Masahiro Shinoda, autore parte di quella nuova onda di registi giapponesi che dagli anni sessanta in poi avrebbero rinnovato la settima arte del Sol Levante, dirige Demon Pond, titolo internazionale per Yashagaike, un lungometraggio che mescola i toni fantastici con un’estetica quasi teatrale ed a tratti grottesca. Il film non raggiunge certo i livelli dei capolavori girati fra gli anni sessanta e l’inizio dei settanta da Shinoda, come Double Suicide, Pale Flower o Silence, ma mantiene senza dubbio l’elegante e quasi astratta messa in scena ed altri elementi stilistici che spesso caratterizzano tutto l’opus del regista giapponese.

SIAMO nel 1933 e Tamazawa vagabonda in cerca di Akira, amico scomparso alcuni tempi prima, trovatolo finalmente in un villaggio sperduto fra le montagne, scopre che Akira si è accasato con Yuri, una giovane ragazza. Il suo compito nel villaggio è quello di suonare una campana tre volte al giorno, solo in questo modo la mitica principessa-drago che abita all’interno del vicino lago Yashigaike è trattenuta all’interno della conca, praticamente mantenendo la massa d’acqua stabile al suo posto. Ma il villaggio sta passando un periodo di siccità e per risolvere il problema la popolazione decide di sacrificare la bella Yuri. Il film parte come un racconto quasi drammatico, con qualche tocco di horror qua e là, ma nella seconda parte si trasforma in un vero e proprio fantasy quasi camp che attinge a piene mani dal folklore giapponese degli yokai, uomini granchio, pesci parlanti e tutta una serie di personaggi spaventosi e grotteschi.
Ma l’indiscusso protagonista del lungometraggio è senza dubbio Tamasaburo Wakayama, onnagata, attore di kabuki che interpreta personaggi femminili, fra i più popolari durante il secolo scorso. Wakayama nel film infatti interpreta sia Yuki che la principessa-drago, due personaggi che da soli valgono tutto il film, è davvero difficile notare che dietro alle due figure femminili ci sia un attore uomo. In alcuni momenti a dir la verità il film diventa forse troppo un’occasione per mostrare l’abilità recitativa di Wakayama e la presenza dell’attore sul set con tutte le manie da star, diede non pochi grattacapi a Shinoda che alla fine non sembra essere stato soddisfatto del film. Pur non essendo perfetto però, Demon Pond è un’interessante esplorazione del folklore giapponese e del senso di rispetto e devozione verso la natura viva, amica, distruttrice o indifferente che essa sia, ma anche un esperimento cinematografico che mescola generi quali il fantasy, i film catastrofici e il surreale-comico. Per rendere l’idea di come la storia continui ancora ad affascinare basti pensare che dalla pièce di Izumi nel 2006 Takashi Miike realizzò uno spettacolo teatrale scarno e minimalista, un interessante esperimento di film-teatro fatto per essere filmato e trasposto su dvd.

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