Disseminate per la regione, si sono riaperte in Emilia Romagna le Vie della ricerca teatrale e spettacolare, in un percorso a scacchiera che unisce Bologna a Modena, Vignola a Cesena. Una ragnatela in cui cui bisogna esser lesti a muoversi, così come tra i generi e i linguaggi spettacolari che la rassegna affronta e propone (a produrla è l’Ert, a firmare la selezione dei titoli è Berbara Regondi). È un festival intenso questo emiliano, non solo nazionale e internazionale, ma soprattutto che del panorama di casa nostra riesce a pescare le testimonianze più curiose e quelle più insospettabili. Un titolo, non casuale, da prendere a esempio: Il Capitale, un libro che ancora non abbiamo letto. Il gruppo è quello dei Kepler-452, teatranti giovani (ora entrati sotto l’ala di Emilia Romagna Teatro) che già hanno dimostrato delle curiosità quasi sempre assenti dai palcoscenici: come quella di uno spettatore singolo che si finge acquirente, e un attore che si finge rider con una pizza da consegnare.

LO «SPETTACOLO», se si vuole chiamare così, era quello da vedere in video la traversata in diretta della città (per di più in una sera di pioggia) con l’happy end della consegna della pizza. Ma stavolta quel gruppo di giovani artisti, che da tempo desideravano tradurre in palcoscenico la summa di Karl Marx, sono andati a verificare quelle «teorie» in un luogo noto a tutti gli italiani, la Gkn di Campi Bisenzio, che da tempo ormai è nota a tutti per essere occupata dai suoi lavoratori, che il giorno dopo la fine del blocco dei licenziamenti per pandemia, hanno ricevuto per mail la comunicazione di essere senza lavoro, perché la fabbrica chiudeva. I lavoratori, benché abituati a produrre semiassi per ogni titpo di auto, hanno accolto prima con qualche esitazione quei teatranti curiosi, ma poi l’amicizia generale è cresciuta, reciprocamente, tanto che tre di quei licenziati occupanti, sono entrati nello spettacolo che da quella intesa sempre più irrobustita, nei giorni è nato.

E i compagni di lavoro sono accorsi numerosi a verificare e applaudire quanto quel rapporto sia maturato su entrambi i fronti (alla prima pare che la sala dell’Arena del sole non riuscisse a contenere le presenze e l’entusiasmo)
E i compagni di lavoro sono accorsi numerosi a verificare e applaudire quanto quel rapporto sia maturato su entrambi i fronti (alla prima pare che la sala dell’Arena del sole non riuscisse a contenere le presenze e l’entusiasmo). Tutto questo, è bene chiarire, senza ombra di populismo o facile simpatia: l’elemento forte, anche nello scambio con il pubblico «normale», sta nell’approfondimento di idee, diritti, modelli comportamentali. Una esperienza bella e proficua per ogni spettatore che vi si imbatterà (e con l’augurio caloroso ai lavoratori della Gkn di non potersi più permettere il palcoscenico per aver riconquistato il proprio diritto al lavoro).

NON MENO intenso nella tensione, ma di tutt’altro ambito visivo (ma forse neanche troppo in quello «ideale») il lavoro presentato da Daniele Spanò al modenese Drama teatro. Forma Sonata è un viaggio per immagini (l’autore è un apprezzato videomaker) sul pericolo che la natura ci offre e l’arte trasfigura, in ogni situazione. Elemento visivo centrale sono le immagini, paurose davvero, dell’acqua alta che nel 2019 sommerse Venezia. Ma il «controcanto» che Spanò oppone loro sono particolari pittorici di Giorgione, cresciuti secoli prima nel medesimo contesto. E poi via via il confronto con altre tele della Galleria dell’Accademia, mentre si intreccia ad esse il canto di Arianna Lanci, vocalist specialista in musica barocca. L’effetto ottenuto da quell’intreccio non è solo inquietante, ma a tratti perfino «rassicurante» , per la possibilità che suggerisce di un equilibrio unitario di tutte le possibilità umane (e non si limiti al solo e doveroso slogan ambientalista).