Alla Resistenza presero parte giovani ciclisti che si cimentavano nell’agonismo di alto livello, correvano lungo le strade del Giro d’Italia e del Tour de France. Alcuni di loro, ancora troppo giovani, si erano distinti nelle corse ciclistiche locali o regionali, ma dopo la lotta di Liberazione diventarono campioni noti. Tra loro Alfredo Martini, campione di ciclismo negli anni ’40 e ’50 del secolo scorso e futuro commissario tecnico della nazionale di ciclismo: «Il 25 luglio, quando arrestarono Mussolini ero in bicicletta, la stessa che mi serve per fare la spola con i partigiani per portare vivande e notizie, mentre i tedeschi bombardavano».

Tra i primi ciclisti professionisti a schierarsi con la lotta di Liberazione fu Vito Ortelli, nel 1945 campione di ciclismo d’inseguimento su pista, che riuscì a battere Fausto Coppi al Vigorelli di Milano nella prima gara disputatasi dopo il 25 aprile. Ortelli replicò il podio iridato nel 1946 e fu campione di inseguimento su strada nel ’48, mentre si classificò terzo al Giro d’Italia nel 1946 e 1948. Valido partigiano fu Antonio Bevilacqua, campione del mondo di ciclismo su pista nel 1952. Tra le colline sopra Firenze, si distinse per le sue azioni partigiane, che richiedevano particolare coraggio, Enzo Sacchi, medaglia d’oro alle olimpiadi di Helsinki nel 1952 e campione del mondo dei dilettanti a Parigi.

Alfredo Pasotti, gregario di notevoli qualità, vinse due tappe al Tour de France nel 1950 e una al Giro d’Italia, venne ferito in uno scontro a fuoco con i fascisti a Pavia, andò in ospedale sotto falso nome per farsi curare, ma venne arrestato dalle Ss e trattenuto per sei mesi: «Capisco che vogliono farmi fuori, in cortile c’è un bagno, decido di scappare, con un balzo mi tiro su e con un salto mi attacco al cornicione, mi vedono e mi sparano, ma mi mancano. Mi butto giù, cento metri di corsa dove mi aspetta mio cugino con la sua bici, salgo sul manubrio, pedala come una bestia, un salto a casa, saluto tutti e fuggo in montagna».

Comandante partigiano della VII compagnia con il nome di battaglia Stano, agli ordini di Arrigo Boldrini, fu Luciano Pezzi allenatore di Felice Gimondi, campione del mondo di ciclismo: «Dopo l’8 settembre, molti del mio gruppo li hanno presi i tedeschi, io sono saltato sulla mia bici e mi sono fatto da Villa del Nevoso a Russi (da Fiume a Ravenna, ndr) con una sosta a Mestre. Poi sono entrato nella Resistenza, nella 28° brigata Mario Gordini, il comandante in capo era Arrigo Boldrini».
Avrebbe partecipato alla Resistenza, ma le squadracce fasciste non glielo permisero, perché un giorno del 1927, mentre si allenava lungo la strada, lo aggredirono e gli fracassarono la testa, poi lo buttarono sotto il ciglio della strada, il suo nome era Ottavio Bottecchia, vincitore del Tour de France del 1924 e del 1925 e prima di quell’impresa aveva gareggiato per i Circoli Operai dell’area di Vittorio Veneto. Era noto per il suo antifascismo e per l’allergia che nutriva verso Mussolini.