Si è molto ricamato sulla scena teatrale della figlia di Silvio Berlusconi, Marina, mano nella mano con Marta Fascina, la “quasi” vedova del padre. Molte le congetture, le illazioni.

In attesa della lettura del testamento del Cavaliere nello studio del notaio milanese Arrigo Roveda, le speculazioni giornalistiche si sono soprattutto concentrate sull’inclusione – e in che misura – di Marta tra i beneficiari, molto meno sul ruolo cruciale che la trentatreenne avrà nella gestione della non meno importante eredità politica che lascia Berlusconi.

CI SI È ARROVELLATI su Giorgia Meloni, sui suoi calcoli e sulle sue manovre scoperte per agguantare lei il bottino politico berlusconiano, più che su quella che è destinata a intestarselo. E a occupare una posizione di rilievo, in breve tempo, come terza giovane donna protagonista sulla scena politica e mediatica, insieme alla presidente del consiglio e alla sua antagonista Elly Schlein. Marina si prenderà dunque cura degli affari, Marta della politica, due parti dell’eredità berlusconiana peraltro inseparabili.

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Questo dice la scena delle due donne mano nella mano. Berlusconi stesso ha preparato minuziosamente questo percorso dopo di lui. Sapeva molto bene che la sua fine era molto vicina, già al momento della crisi del governo Draghi. “Quando due mesi fa, come tutti, ho saputo della malattia gravissima contro cui stava combattendo Silvio Berlusconi – ha detto Mara Carfagna al Mattino – ho compreso il senso di quella che, per tanto tempo, mi era sembrata una scelta incomprensibile: l’improvvisa decisione di mandare a casa Mario Draghi. Oggi è chiaro che Berlusconi temeva di non avere più tempo, aveva fretta di andare alle urne per completare la sua straordinaria biografia politica con un’ultima vittoria”.
UNA VITTORIA CHE TALE non sarebbe stata se fosse stata effimera, con la sua scomparsa. Proprio dopo la fine dell’esperienza Draghi e l’avvio del nuovo governo, Berlusconi fa sapere al mondo cosa pensa della persona che i media in coro indicano come la sua continuatrice in pectore: “Giorgia Meloni: Un comportamento 1. supponente 2. prepotente 3. arrogante 4. offensivo. Nessuna disponibilità al cambiamento.

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È una con cui non si può andare d’accordo”. Nell’appunto, offerto in bella mostra ai fotografi appostati nella tribuna stampa del senato, appaiono alcune parole che saranno cancellate: 5. ridicola. e una riformulazione dell’ultima frase (da “nessun cambiamento“ a “nessuna disponibilità al cambiamento”) .  All’affronto subito nella circostanza dell’elezione di Ignazio La Russa a presidente del senato, avvenuta con l’aggiunta di voti da settori dell’opposizione per dimostrare che il contributo di Forza Italia non sarebbe stato determinante e che dunque il suo peso politico nella coalizione era irrilevante, s’aggiunse l’oltraggio del commento velenoso di Meloni: “Tra quelli elencati da Berlusconi manca un punto: che non sono ricattabile”.

Inimmaginabile, per un vendicativo come Berlusconi, una “staffetta” politica con Meloni, il regalo della sua “creatura” a chi, mentre era ancora attivo, lo considerava un alleato superfluo, del quale molto presto si sarebbe intestata l’eredità politica senza neppure dovergliela chiedere. Di qui il lavoro, via via reso più complesso dell’aggravarsi della malattia, di creare un tragitto futuro per le sue aziende e per Forza Italia. Per le prime, Marina, con Confalonieri, è da tempo garanzia di continuità, pur con i problemi che potrebbero nascere e che già molti analisti prefigurano.

Per Forza Italia, la personalizzazione e la gestione monarchica rendono certamente difficile il passaggio del testimone all’erede designata. Della quale si sa molto poco. Le sue prime mosse la mostrano determinata, come dotata della forza di un’investitura indiscutibile, che la scena della relazione ostentata con Marina ha inteso sottolineare.

LA SUA FORZA È DATA peraltro dall’assenza di alternative alla sua leadership, nell’attuale assetto di Forza Italia, dove non si nota nessuna personalità di un qualche rilievo, un partito di peones, sia a livello nazionale sia a livello territoriale.

Il problema, per Fascina, non è infatti quello di una possibile sfida alla sua leadership quanto la modestia dei dirigenti e dei quadri di un partito peraltro pesantemente indebitato. In compenso – da quest’ultimo punto di vista – la “benedizione” di Marina ha anche il significato di un patto che contempla il sostegno anche finanziario alla Forza Italia di Fascina.

Sapendo di morire, mentre i laudatores a oltranza lo descrivevano forte come un leone, il “bunga bunga prime minister”, come lo ricorda ferocemente il tabloid Evening Standard, ha dunque lavorato al suo lascito, nella compagnia inseparabile di Marta e in intesa stretta con la figlia prediletta e fidata, disegnando un futuro del berlusconismo “al femminile”.