A fine Ottocento Marsiglia non profumava solo del celebre sapone, fabbricato – secondo un antico procedimento – a imitazione di quello di Aleppo. Nella città fondata dai Greci di Focea si poteva respirare anche la gioiosa aria di festa che accompagna i sogni dell’infanzia. Non tutti sanno, infatti, che qui fiorì una piccola industria del giocattolo nota in tutta la Francia e, limitatamente, anche all’estero. Per colmare questa lacuna, il Musée des civilisations de l’Europe et de la Méditerranée (Mucem) di Marsiglia ospita fino al 1 marzo 2020 nei locali del Fort Saint Jean la mostra Massilia Toy.
La nostalgica immersione nel mondo dei balocchi è curata da Christophe Feraud e Bruno Cirla, due appassionati antiquari che in una ventina d’anni sono riusciti a scovare e far rivivere minute memorie di felicità «made in Marseille». La collezione esposta al Mucem consta di circa cinquecento giocattoli creati a partire dal 1869, data in cui compare Anamorphoses di Jérôme Sédallian, un gioco ottico su carta composto da dodici disegni che si rivelano in base all’inclinazione delle tavole e del loro angolo di osservazione.

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IL PERCORSO CRONOLOGICO e tematico, disposto dallo studio di architettura di Olivier Bedu, mette in evidenza i tre principali fabbricanti di giocattoli marsigliesi. La prima sezione è dedicata alla marca Egda, registrata il 21 gennaio del 1936 da Mario De Andreïs, figlio di Giacomo, tipografo di origini genovesi specializzato nella stampa su metallo, tecnica con cui realizza quadri pubblicitari artistici e giocattoli in latta litografata. Famose diverranno le sue scatole di biscotti in forma di autobus o furgone Peugeot 201, anche se oggi a colpire per la raffinatezza dei colori e delle forme sono soprattutto i servizi da tè su carrellino o vassoio con protagonisti Mickey Mouse, Minnie e Pluto. Dalla medesima impresa famigliare nasceranno due prodigiosi diffusori di immagini in miniatura: il proiettore Nic, che funzionava a manovella, e il «Ciné Egda», aggeggio in bachelite provvisto di motore meccanico, pile e lampadine.

GLI ESEMPLARI in mostra, tra cui si distingue una valigetta del 1937 completa di schermo e film intercambiabili, costituiscono oggetti enigmatici per i bambini odierni, abituati a tecnologie lontane anni luce dalla poetica lentezza delle epifaniche immagini di celluloide. Agli inizi degli anni Cinquanta s’impone sul panorama ludico marsigliese France Jouets Mécaniques. Una quindicina d’anni dopo la sua costituzione, nel 1946, l’azienda di Jean-Marie Moheng e Henri Fauvel è all’apogeo e può competere con le grandi firme del mercato francese.

IL SUO CATALOGO, continuamente rinnovato, comprende una vasta scelta di giocattoli in latta, plastica o zamac, tutti di ottima fattura. Particolare rilievo assumono i modellini di macchine «sponsorizzati» dalla Citroën come quello della Simca 8 Sport, anche in versione cabriolet, che possiede ruote direzionali, marcia avanti e indietro, fari elettrici e sedili in caucciù, al chiaro scopo di attirare la bramosia del potenziale acquirente, anzitutto quello adulto.
Interamente pensata per i piccoli e lungimiranti visionari è invece l’automobile degli anni 2000, un bolide con coda d’aereo. Meno fortuna ebbe, nello stesso periodo, l’esperimento tentato da Émile Lamy Perret, di lanciare un aereo in alluminio venduto in pezzi da assemblare, il «Jaguy» targato Modalu.
La particolarità di questo lussuoso oggetto, che a causa degli alti costi non incontrò il favore del pubblico, risiede anche nella scatola, dove l’aeroplano plasmato sulle linee del Dewoitine D.520 della Seconda guerra mondiale sorvola due luoghi emblematici di Marsiglia, il Castello d’If e la basilica di Notre-Dame de la Garde.

PER QUANTO RIGUARDA i giochi riservati alle bambine bisogna guardare all’orizzonte degli outsider per incontrare Jean Pallier, l’inventore delle macchine da cucire distribuite sotto l’etichetta Ma Cousette. Nell’ Epicerie moderne e nella Petite Crèmière commercializzate invece da Bouguera, allo stereotipo di genere si aggiunge quello coloniale, per la presenza di mini scatole di cacao in polvere della marca Banania, perché – come scrive il presidente del Mucem Jean François Chougnet nel grazioso catalogo dell’esposizione – il giocattolo è rivelatore della cultura che l’ha generato.

L’ULTIMO FOCUS della rassegna si concentra sulla società Pascal Mossé & fils. Attiva dal 1947 e specializzata nel confezionamento di articoli in cuoio e moleskine, questa ditta aggiunge alla sua produzione le cosiddette panoplies, costumi in maschera comprensivi di accessori. Sfruttando la licenza Walt Disney, Mossé propone nel suo catalogo personaggi quali David Crockett, Ivanhoe, Capitan Fracassa, Giovanna D’Arco e Zorro. Ma il grande successo arriverà con il Viaggiatore Interplanetario, creato nel 1954 e ispirato dalla corsa allo spazio di quell’epoca. Secondo una leggenda tramandata dalla famiglia Mossé, una foto del principe Carlo d’Inghilterra con indosso il travestimento da Viaggiatore, pubblicata da un giornale a grossa tiratura, avrebbe fatto esplodere le vendite. Ma di certo c’è solo che il vestito, disponibile in tessuto blu o verde con foderi e polsini bianchi, e il casco con antenna – specialmente se accompagnati dalla preziosa valigetta contenente la pistola «distruttrice» in metallo fuso, il sofisticato navigatore e la mappa del cielo – doveva essere un ambitissimo regalo da attendere sotto l’albero di Natale.

NEL QUADRO DELLA RASSEGNA è stato inoltre ricostruito l’atelier Joyax di Francis Lan, sorto nel 1946 e rimasto in attività fino agli anni Novanta del XX secolo, quando le luci degli altri stabilimenti marsigliesi si erano ormai spente sotto il peso della globalizzazione. Prima che scomparisse nel nulla, Feraud e Cirla ne hanno recuperato mobilio e merci. Fabbricante di giochi in legno, poi in metallo stampato o dipinto, Joyax aveva destinato la sua produzione a una clientela popolare, riscuotendo il massimo successo nei bazar.
In quello spazio artificioso e ovattato ricomposto dai due curatori, là dove giacciono le sagome di cavalli a dondolo mai nati, ogni cosa è prigioniera di un nuovo tempo senz’anima. E mentre rimpiangiamo i gesti di un artigiano che poteva guardare i bambini negli occhi, Tim, l’uccello che sbatte le ali – gioco a elastico creato da Ruymbeke a Marsiglia nel 1969 e ultimo testimone della produzione locale – ha già spiccato il volo verso la Cina.