«Ho sempre avuto una forte fascinazione per il perverso e l’insolito. Quando ero adolescente vidi una vecchia foto di un uomo completamente tatuato e iniziai subito a tatuarmi con un ago per cucire (…). Quando lessi Junkie di William Burroughs, capii subito che un giorno sarei stato dipendente dall’eroina. Trovai una copia de Il delta di Venere di Anaïs Nin. Coltivai fantasie sessuali elaborate e ossessioni segrete di ogni genere. Volevo eccitazione, avventura, decadenza, depravazione, tutto, qualsiasi cosa… Non avrei mai trovato nulla in questa polverosa e isolata città di campagna. Se questa band fosse stata in grado di portarmi fuori, di darmi la vita per cui io smaniavo, il risultato sarebbe stato degno di qualsiasi oltraggio, qualsiasi sforzo, qualsiasi tortura». Così Mark Lanegan, morto lo scorso 22 febbraio a 57 anni, raccontava nella sua biografia Sing Backwards and Weep, uscita nel 2020, il suo peccato originale e la miccia che innescò una vita ribelle.
Nato a Ellensburg, una cittadina di provincia dello stato di Washington a due ore di macchina da Seattle, figlio di un padre alcolizzato e di una madre che lo maltrattava e lo voleva far rinchiudere in un manicomio, Lanegan riuscì a scappare da quel mondo e trovò nel rock una risposta alla sua vita e una vocazione, diventando un pioniere della scena di Seattle e una figura di riferimento per la musica grunge. Non ne coglierà in pieno i frutti come altri artisti e il suo viaggio è stato tormentato e a tratti, terrorizzante. La sua carriera e la sua vita sono state una continua lotta contro i suoi demoni e le sue paure. Non sappiamo, a oggi, le cause della morte, ma a dicembre del 2021 Lanegan ha pubblicato un libro Devil in a Coma, un racconto, biografico e poetico, della sua disperata lotta contro il coronavirus che lo ha colpito in Irlanda dove risiedeva con la moglie, costringendolo a settimane di coma e a mesi di ospedale e lasciando conseguenze molto serie sulla sua salute. Dopo aver scherzato con la morte tutta la vita volontariamente si è trovato a combatterla da avversario: «Dal momento in cui mi sono stato risvegliato dal sonno farmacologico del coma – ha scritto – e mi è stato detto quello che era successo e dove ero, ero deciso a sopravvivere a questo incubo anche se non avevo voce in capitolo nella materia e nessuna arma con cui combattere».

LA PARABOLA
L’artista Lanegan inizia la sua parabola negli anni Ottanta con un gruppo di suoi coetanei e compaesani (i fratelli Gary Lee e Van Conner e Mark Pickerel) con cui fonda gli Screaming Trees in cui assume il ruolo di cantante, ma lasciando il ruolo di leader al chitarrista Gary Lee. A sei mesi dalla loro nascita sono già in uno studio di registrazione per incidere il loro primo ep, che Mark definirà «una sfacciata scopiazzatura delle garage band anni Sessanta». Poco tempo dopo arriva il loro primo album Clairvoyance, finanziato dal padre dei fratelli Conner con mille dollari. Sempre nella parole di Lanegan: «Se possibile ancora più merdoso della nostra prima registrazione». Ma il disco fa pensare che questa band possa dare molto di più. I fratelli Conner a dispetto della loro stazza da pesi massimi incendiano il palco dal vivo e il gruppo si guadagna la fama di essere uno dei più eccitanti live-show in circolazione. La band viene messa sotto contratto dalla californiana SST, all’epoca una delle più stimate case discografiche indipendenti. Gli Screaming Trees iniziano a girare gli Stati Uniti e a suonare incessantemente. Il mondo della musica percepisce che qualcosa di importante sta nascendo nella città che fino ad allora era nota nell’ambiente del rock solo per aver dato i natali a Hendrix. Si inizia a parlare di «grunge».
Gli Screaming Trees uniscono psichedelia, garage, hard rock e attitudine punk e si fanno apprezzare dai cultori della scena alternativa, ma non sfondano. Sono un gruppo profondamente diviso. «Non facevamo che litigare. Dopo tre dischi non sapevamo che cazzo fossimo», ricorda Mark. In quel periodo Lanegan scopre i Nirvana durante una loro esibizione nella sua città natale di Ellensburg. Gli sembrano da subito pronti per il grande salto. Diventa amico di Kurt Cobain. Stringe anche un’amicizia pericolosa con Layne Staley cantante degli Alice in Chains, la prima band di Seattle a trovare il successo commerciale, li unisce la dipendenza dall’eroina; i due si conoscono andando a comprare droga. «Sei qui per lo stesso motivo per cui sono qui anche io?», gli chiede Staley. È il 1990, gli Screaming Trees nonostante l’avversione reciproca tra Lanegan e Gary Lee Conner vengono scritturati dalla major Epic e producono Uncle Anesthesia. Il grunge diventa un fenomeno di massa, ma per la band il grande successo non arriva. In pochi mesi altri artisti di Seattle conquistano il mondo con album milionari: Soundgarden, Pearl Jam e soprattutto i Nirvana. I Trees trovano solo un singolo di successo Nearly Lost You, colonna sonora del film Singles.

DIPENDENZE
L’album Sweet Oblivion del ’92 è il più bello della loro carriera, ma vende «solo» 300mila copie. Poco per le aspettative dell’epoca. Lanegan è schiavo dei suoi vizi. L’eroina prende il controllo della sua vita. Durante un tour di quegli anni rischia anche l’amputazione di un braccio per un’infezione dovuta ai buchi degli aghi. L’amico Cobain lo soprannomina «il portiere di notte» perché è in grado di recapitare droga a tutte le ore. Un giorno di aprile del 1994 Lanegan trova un messaggio sulla segreteria telefonica: «Hey, man, sono Kurt. Sono tornato in città. Cosa stai facendo? Vieni da me che ascoltiamo qualche disco». Mark non risponde e non richiama. Cobain si ucciderà poche ore dopo.
Sono anni difficili dal punto di vista personale, ma segnano una svolta artistica. Lanegan ha infatti iniziato una carriera solista in cui trova la libertà e l’ispirazione che non riesce a trovare nella sua band. Nel ’95 collabora al progetto Mad Season con Layne Staley incidendo un album destinato a diventare di culto. L’ultimo lavoro firmato Screming Trees, frutto di una gestazione tormentata, è Dust del ’96. È un disco bellissimo, apice della loro carriera artistica ma non trova un pubblico ad aspettarlo. Il grunge è già in parabola discendente. Dalla fine degli Screaming Trees, Mark inizia un’incessante lotta contro la tossicodipendenza, tra centri di riabilitazione, ricadute e periodi in cui abbandona la musica per lavorare nell’edilizia. La sua carriera solista diventa però più prolifica e sempre più interessante dopo il Duemila. Collabora con Josh Homme nei Queens of the Stone Age, con Greg Dulli degli Afghan Whigs per i progetti Gutter Twins e The Twilight Singers, trova una partner artistica nella cantante scozzese Isobel Campbell con cui firma tre album di un cantautorato intimista e cupo. La sua voce resa ruvida da decenni di Lucky Strike senza filtro diventa unica, sempre più profonda e avvolgente. Nelle canzoni di Lanegan «ascolti la luce e le tenebre che lo ispirano» ha scritto John Cale nell’introduzione della raccolta dei suoi testi I Am the Wolf. Era un artista che veniva dall’oscurità, ma aveva trovato, tra le mille crepe di una vita piena di ferite e cicatrici, la luce. «È stata – ha spiegato – l’incessante insoddisfazione per quello che sentivo e la voglia di cambiarlo che mi ha spinto verso la creatività». Se altre icone della musica grunge sono cadute vittima delle loro debolezze, Mark Lanegan ha riscattato i suoi anni bui scoprendo una serenità personale e una vocazione artistica ricca, unica e distinta. Ha vissuto la sua lotta contro il Covid come una redenzione e ha testimoniato la sua voglia di vivere e di non rinunciare alla speranza.