Mario Maffi è uno dei nostri più ostinati e preziosi studiosi degli Stati Uniti – «il paese di Dio» lo chiamarono gli umoristi russi Ilf e Petrov scorrazzandovi dopo la Rivoluzione per cercarvi confronti e stabilire distanze – in buona compagnia con Sandro Portelli, Bruno Cartosio, Peppino Ortoleva (e per il cinema con Guido Fink) e altri ancora che dagli Usa sono stati affascinati, ma molto poco dal mito che ne veniva propagandato (soprattutto dal cinema) e invece piuttosto da una sinistra attiva sul fronte della lotta politica e sindacale come su quello delle arti.

In tante e diverse epoche la sinistra statunitense ha avuto molto da insegnare a quella europea, a lungo accecata dallo stalinismo, e avendone molto da imparare, molto presto e con molta pena grazie ai suoi migranti, ai suoi Sacco e Vanzetti, ai suoi «refrattari». Da tempo non è più il giovane studioso che seguivamo con interesse anche perché ci ricordavamo di suo padre Bruno, militante bordighista e rigoroso studioso di Marx ma anche alacre traduttore, soprattutto negli anni dopo la guerra, di scrittori come Orwell, Steinbeck e tanti altri.

L’ampio saggio di Mario Maffi pubblicato da Shake Da che parte state. Narrazioni, conflitti sociali e ’sogno americano’ (pp. 342, euro 23) lo leggemmo con vera passione in una prima e non diversa versione – La giungla e il grattacielo, Laterza 1981) – imparandone tanto, e soprattutto collocando vicende artistiche e umane in un contesto socio-politico ben distante dalle visioni della «guerra fredda» e dalle insidiose pubblicità dell’american way of life.

Da che parte state prende il titolo da una famosa canzone di lotta scritta da una attivista sindacale, Florence Reece, su una musica tradizionale, e venne cantata dai minatori di Harlan County passando poi di voce in voce fino a diventare uno degli inni della classe operaia statunitense. E siamo in tanti a ricordarne la versione che ne dette Pete Seeger.

Il saggio di Maffi ci re-introduce a opere di autori che in qualche modo conoscevamo (da Theodore Dreiser a Jack London, da Stephen Crane a Sherwood Anderson eccetera) ma anche di tanti e tante di cui poco sapevamo o sapevamo a malapena il titolo – da Upton Sinclair a Sinclair Lewis a Ernest Poole e ad alcune scrittrici perlopiù sconosciute in Italia (come Margaret Wilkins Freeman e Rebecca Harding Davis) ma il suo fascino sta nel modo in cui egli intreccia quelle storie a quelle reali, rispondendo in qualche modo alla richiesta che fecero gli studenti di Berkeley negli anni Sessanta dello scorso secolo di intellettuali che fossero «esperti e rossi», tanto rigorosi nelle loro scienze ed espressioni quanto militanti… sul fronte delle arti come su quello delle scienze.

Sì, è qualcosa di diverso da un romanzo il saggio storico di Maffi, e però appassiona come un romanzo, perché Maffi vi dimostra doti di narratore, e però a servizio di un progetto, di una causa che possiamo ben chiamare socialista. Il titolo di cui si è servito per questa seconda edizione di questo bel libro così istruttivo forse non è mai stato tanto attuale quanto qui e ora!