Bicicletta addio, il sindaco Ignazio Marino di Roma deve rassegnarsi a qualche misura di cautela, dopo il ritrovamento di una lettera contenente un proiettile calibro 9 inesploso e minacce rivolte contro la sua persona e la sua famiglia. Minacce giudicate «credibili» dal questore e dal prefetto che lo hanno convinto ad accettare la scorta fin qui sempre rifiutata. Marino non si perde d’animo: «Dopo le minacce alla mia famiglia e a me vado avanti, con la scorta, ma senza paura», twitta a fine giornata.

Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Essere obbligato – di fatto – alla protezione rafforza la sua immagine di sindaco antimafia, e di amministratore scomodo per la criminalità. La carta principale che Marino si gioca in questi giorni, in attesa della relazione del prefetto Franco Gabrielli che entro il 30 luglio (ma dovrebbe farlo prima) riferirà al ministro Alfano le sue valutazioni sulla necessità di commissariamento per mafia del Campidoglio. Eventualità innominabile ed esclusa da molti. Ma che non può essere ancora definitivamente cancellata dal ventaglio degli esiti possibili, vista la pesantezza dell’impianto dell’inchiesta Mafia Capitale.

Più probabile che il prefetto esprima un giudizio severo sulla compromissione di interi pezzi dell’amministrazione capitolina. Il che porterebbe, secondo boatos che circolano da giorni, Matteo Renzi convincere Marino a dimettersi e lasciare il campo a un commissario, che così si troverebbe a gestire la città durante tutta la fase di preparazione del Giubileo fino alla prossima primavera.

Marino resiste. E muove le sue pedine. Ieri pomeriggio il Campidoglio da suoi sostenitori, convocati da facebook per un flash mob in difesa del sindaco, minacciato dalla criminalità ma anche ’avvisato’ – politicamente parlando – dal suo partito che lo vorrebbe sfrattare, dal Nazareno in giù. I supporter hanno lo accolto fra gli applausi e gli hanno cantato «Marino tu devi restare» sul motivetto anni 60 «Marina», alzando cartelli con su scritto «Io sto con il sindaco Marino». Una manifestazione improvvisata, «nata spontaneamente per confermare la fiducia al nostro primo cittadino», ha spiegato Danilo Amelina, coordinatore della lista Marino, «che viene criticato da tutti salvo che dai cittadini romani che tengono alla città, al decoro e soprattutto all’onesta». Un nuovo bagno di folla, per il sindaco, dopo la festa dell’Unità di domenica e quella di Sel mercoledì. E anche stavolta il sindaco non si è fatto pregare: «Oggi questa è la ragione della mia vita: io non mollo e ci rivediamo alle elezioni del 2018. La città ha deciso di andare avanti ed insieme andremo avanti fino al 2023». Ma prima del «2023 c’è il 2018», gli avevano ricordato alla riunione di maggioranza i consiglieri, ieri in piazza insieme ad alcuni assessori (Marta Leonori, Alfonso Sabella, Maurizio Pucci) a qualche esponente del Pd (il deputato Marco Miccoli, ex segretario romano), qualche insegna di circolo e il vice sindaco Luigi Nieri (Sel). E ancora prima del 2018 ’adda passà ’a nuttata’, ovvero l’estate 2015: il sindaco deve dimostrare di avere la forza politica per andare avanti. E i numeri.

Cosa che ogni giorno diventa più difficile. Ieri si è dimesso dal consiglio comunale Francesco D’Ausilio, ex capogruppo Pd in Campidoglio, mai amichevole con il sindaco sin dalle prime battute della consiliatura ed ora incappato nelle intercettazioni dell’inchiesta Mafia Capitale. Per lui nessuna contestazione, per il momento. Ma ha deciso di lasciare la politica, dopo essersi autosospeso dal Pd insieme ad Alfredo Ferrari (in un’intercettazione Salvatore Buzzi, fra i principali indagati dell’inchiesta sostiene che abbia preteso 15mila euro). Con loro anche Luca Giansanti si è dimesso da capogruppo della lista Marino. Un pezzo alla volta, il Campidoglio si sgretola. Dalla riva di Palazzo Chigi, Renzi, che aveva detto a Marino di «stare tranquillo», nuova variante dello «stai sereno» rivolto a Enrico Letta alla vigilia della sua defenestrazione, aspetta.