«Faccio un passo indietro, ho consegnato le mie irrevocabili dimissioni dalla carica di vicesindaco di Roma al sindaco Marino». Luigi Nieri non ha retto alle pressioni esterne. Quelle degli editori più potenti di Roma e quelle provenienti dal governo nazionale che non vede di buon occhio l’alleanza Pd-Sel della giunta capitolina, un pericoloso esempio in controtendenza rispetto al trend bipartisan.

La testa del vicesindaco di Sel era in cima alla lista, nel balletto di poltrone – il famoso «cambio di passo» – preteso da tempo dal premier Matteo Renzi, ma anche e forse soprattutto dal ministro dell’Interno Angelino Alfano che si prepara a portare in consiglio dei ministri il proprio verdetto sull’ipotesi di scioglimento per mafia del Campidoglio (molto più probabile, però, la richiesta di commissariamento di municipi e dipartimenti), dopo aver concluso la lettura della relazione prefettizia sulle infiltrazioni di Mafia capitale.

Nel corposo dossier che il prefetto di Roma Franco Gabrielli ha consegnato ad Alfano una settimana fa sarebbe contenuta anche la chiave perfetta per costringere Ignazio Marino al rimpasto di giunta sempre rifiutato, cominciando dal vicesindaco. Secondo la notizia diffusa ieri in prima pagina dal Messaggero, infatti, gli atti mostrerebbero un legame stretto tra il ras delle cooperative rosse (e sodale di Carminati), Salvatore Buzzi, e Luigi Nieri, che però non è neppure indagato.

Così il vicesindaco, subito dopo aver ascoltato la sfuriata di Marino che proprio non vorrebbe accettare le sue dimissioni, ha scritto in una nota un ringraziamento a coloro che lo hanno eletto, a tutti i cittadini e ai dipendenti comunali di quella Roma «che amo profondamente e nella quale per tanti anni ho svolto battaglie per i più deboli, i più fragili, i senza diritti». Rivolgendo ovviamente un pensiero particolare ai suoi collaboratori, «ai colleghi di Giunta e alla maggioranza che mi ha appoggiato» e al sindaco marziano «che mi ha scelto e voluto al suo fianco, che mi ha difeso non una, ma molte volte dagli attacchi vili e strumentali che mi sono stati mossi, in più occasioni, in questi anni».

Anche ieri il chirurgo dem, diffondendo una nota in cui tesse le lodi di «una persona leale e di specchiata onestà, un gentiluomo dai comportamenti inappuntabili, un amico dell’età adulta (legami più difficili da costruire), un compagno di squadra perfetto che sa sempre far prevalere l’interesse generale della città a ogni altra ipotesi», parla di «attacchi pretestuosi quanto violenti», di «polemiche artificiose» e di «equilibrismi partitici». «Luigi ora mi ha comunicato la sua decisione di volersi sentire libero – rivela Marino – per rispondere con tutta la forza necessaria alla continua delegittimazione di cui è bersaglio».

La decisione di Nieri tocca anche i suoi stessi compagni di Sel. Massimiliano Smeriglio, per esempio, si dice «colpito». «Capisco – aggiunge il vicepresidente della Regione Lazio – la frustrazione di ritrovarsi nelle attenzioni costanti di chi la città non la vuole cambiare e che usa i media come strumento improprio di lotta politica. Spero ci ripensi: Roma e la sinistra hanno ancora bisogno di lui».

È anche vero però che il punto di vista dei vertici nazionali del partito non sempre appare concorde con quello del partito romano e del gruppo capitolino di Sel, che oggi si riunisce con urgenza per valutare la situazione e che «alla luce delle ingerenze nazionali del Pd» non esclude alcuno scenario.

È evidente che per Renzi (e forse anche per Orfini) l’unica soluzione sarebbe un vicesindaco del Pd (una sorta di commissariamento bianco di Marino). Ma per evitare che la giunta diventi monocolore nella sede nazionale di Sel si ipotizzano rimpasti di giunta con l’entrata di due assessori vendoliani. Uno scenario che potrebbe non soddisfare però il gruppo dei consiglieri capitolini che intende mantenere la propria «autonomia decisionale».