«Ancora più determinato ad andare avanti». Superato un primo momento di spaesamento alla notizia del lungo elenco di indagati che correda la seconda ondata di arresti per Mafia Capitale, il sindaco di Roma Ignazio Marino mostra più grinta che può e respinge lo spettro del commissariamento.

Forte della blindatura imposta da Renzi che ha sedato sul nascere qualche mal di pancia interno al Pd, incassato ieri l’«assoluto» appoggio della sua giunta e assicuratosi con un incontro ad hoc di poter contare ancora sul sostegno “condizionato” di Sel, alleanza vitale per arrivare a fine mandato, il sindaco di Roma raccoglie le forze e si prepara a proseguire l’opera di «cambiamento iniziata nel 2013».

È fiducioso di potercela fare, anche perché in qualche modo – probabilmente non solo per innato o incauto ottimismo – si va rafforzando in lui l’idea che il terremoto giudiziario, che contrariamente a quanto ci si aspettava ha travolto anche l’attuale amministrazione capitolina, si stia attenuando e che non ci sarà una terza tranche di arresti. Almeno non per ora. In caso contrario nessuno, a cominciare da Marino stesso, sarà più disposto a metterci la faccia.

Eppure anche nella situazione stante, il Comune rischia lo scioglimento per mafia, perché è di mafia autoctona che parla – per la prima volta – la procura di Roma formulando l’ipotesi accusatoria che ha investito anche il Pd romano. Il prefetto Franco Gabrielli lo ha detto ieri e neppure tanto velatamente: «Ciò che stiamo vivendo supera ogni fantasia, il quadro è impressionante, disarmante, profondamente lesivo della credibilità delle istituzioni. Quel che emerge dalle carte – ferma la presunzione d’innocenza – sono intrecci, relazioni molto preoccupanti. Ad oggi – spiega Gabrielli – non conosco ancora gli esiti dell’attività della procura perché c’è ancora tempo fino al 15 giugno. E poi avrò 45 giorni per formulare le mie valutazioni» ed eventualmente inviare la richiesta di scioglimento al ministero degli Interni. Intanto ieri il prefetto ha anche comunicato al sindaco la sospensione di diritto dei quattro consiglieri colpiti da misure cautelari (Caprari, Coratti, Pedretti e Tredicine) e forse già martedì prossimo l’Assemblea capitolina convaliderà la loro sostituzione temporanea.

Marino è incalzato, però. Stefano Esposito, inviato da Renzi a commissariare il Pd di Ostia ben prima che il minisindaco Tassone finisse in manette, gli chiede di «tagliare più teste». Evidentemente Esposito, forse intimorito dalle carte della procura nelle quali compaiono nomi importanti sia pur non indagati, non condivide l’ottimismo del sindaco. «L’idea che Marino sia un marziano la sento anche io a tratti – ammette Esposito – ma la partita ora è rafforzare ancora di più l’iniziativa di pulizia da fare nel Pd e in Campidoglio, ripristinando la legalità».

Anche Sel, con i cui vertici nazionali laziali e romani ieri il sindaco ha avuto un lungo colloquio, pone qualche paletto. «Questa Giunta ha avuto la capacità di arginare il dilagare delle mafie, come emerge dall’inchiesta», rivendica il vicesindaco Luigi Nieri. «Su questo profilo di trasparenza e legalità noi stiamo con Marino – assicura il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio – E lo facciamo da forza politica leale».

Ma al «sindaco onesto che ha alle spalle però solo un partito liquefatto e commissariato», come lo definisce il capogruppo al Campidoglio Gianluca Peciola (non a caso Smeriglio rimbrotta Orfini ricordandogli che lui sta «commissariando il Pd, non certo Sel», uscita finora pulita dall’inchiesta), «chiediamo di declinare la battaglia per la legalità non solo confidando nel lavoro degli inquirenti ma ricostruendo un blocco sociale contro le mafie».

Peciola, come Smeriglio e contrariamente a Nieri, ha sostenuto la scelta dei militanti di Sel che il 23 maggio scorso sono scesi in piazza al fianco dei dipendenti comunali, tassisti, autisti dei bus e vigili urbani chiamati da Cgil Cisl e Uil contro le politiche di Marino. «La lotta si fa coinvolgendo i corpi sociali della città», avverte il coordinatore nazionale del partito, Nicola Fratoianni, proprio mentre la Fp-Cgil bolla come «sconcertanti» le affermazioni di Marino affidate a un quotidiano riguardo «il marcio» che a dire del sindaco ci sarebbe «anche e soprattutto tra i dipendenti comunali».

«Bisogna rafforzare le politiche sociali e riannodare i legami con sindacati e lavoratori», conclude Peciola considerato da Buzzi, secondo le intercettazioni, «l’unico» che poteva «dare fastidio» a chi voleva mungere la mucca.