«Arfio» nega: «Io corteggiato da Alemanno? Siamo su Scherzi a parte? I giorni pari mi attaccano perché dicono che ho fatto l’accordo con Marino, i giorni dispari perché l’ho fatto con Alemanno, il fine settimana con il M5S. Sono un uomo libero, non ho padroni o partiti». Lui, Alfio Marchini, ormai ribattezzato ’Arfio’ dai social network che ne sfotticchiano la zeppola, il capello e l’aria très chic ma lui si diverte: «Torpagnotta? Ne farò TorBaguette») in realtà sull’attuale sindaco di Roma ne dice di ogni. L’ultima ieri: «Non tutti hanno la fortuna di avere un padre-padrone come Berlusconi che in una notte raccoglie un milione di euro». Ce l’ha con la cena di giovedì al Palazzo dell’Eur, mille sostenitori da mille euro ciascuno, organizzata dal Cavaliere che, accantonate per una notte le ansie giudiziarie, si è esibito in canzoni in francese a richiesta.

Non che manchino le risorse all’ingegnere-imprenditore Marchini. Martedì scorso, alla sfida tra i principali candidati al Campidoglio su La7, ha dichiarato di aver speso 600mila euro per la campagna elettorale, «all’80 per cento di tasca mia». E se non ha un padre padrone, un amico abbiente ce l’ha ed è il costruttore Caltagirone,suo ex socio in affari e grande elettore di Alemanno. Che oggi, giurano i ben informati, già comincia le manovre per convincere ’Arfio’ a dare indicazione per Alemanno al ballottaggio.

Per Ignazio Marino, il candidato del centrosinistra, non è una buona notizia. Il più fresco sondaggio Swg lo dà fra il 34 e il 37 per cento contro l’ex sindaco che si attesta fra il 31 e il 33; segue il candidato a 5 stelle De Vito, fra il 18 e il 20 . E Marchini, fra il 6 e il 10 per cento. Altri sondaggi danno Sandro Medici, candidato di Repubblica Romana, fra il 2 e il 3 per cento. Ma in concreto per il sindaco uscente, il tesoretto di voti di Marchini è l’unico a cui potrebbe puntare al secondo turno, dopo la spaccatura dell’ex Udc.

Dalla parte opposta, nel centrosinistra tramortito e depresso dalle traversie Pd, finalmente qualcosa si muove. Le variegate anime democentriste fin qui recalcitranti su Marino, considerato troppo radical, cominciano a ricompattarsi. Ieri Paolo Gentiloni, candidato dell’area Renzi alle primarie capitoline, ha invitato a votare il chirurgo: «Il Pd in questi ultimi giorni deve fare uno sforzo per consentire un ottimo risultato». E il sindaco di Firenze potrebbe prima o poi materializzarsi a Roma per la campagna elettorale. Tutti pancia a terra per il Campidoglio, dunque? Il comitato elettorale di Marino ha fatto appello a tutti di concentrarsi sul candidato sindaco. E la risposta «ufficiale» del Pd è finalmente arrivata dal neosegretario Guglielmo Epifani. Che – archiviati i giorni del grande freddo di Bersani, quando a battersi per Marino c’era solo il governatore Nicola Zingaretti – ha lanciato un appuntamento ambizioso per la chiusura della campagna: venerdì 24, nella piazza San Giovanni dalla quale fin qui il centrosinistra si è autoesiliata. «So che le vicende nazionali e le ripercussioni che hanno avuto sul partito a Roma hanno provocato dubbi e malessere nel nostro popolo. Ma ora è decisivo riprendere la strada del cambiamento. La vittoria a Roma è il punto fermo dal quale far ripartire la sfida dei progressisti», ha scritto ieri ai militanti Pd.

E non è un mistero che la battaglia per la riconquista di Roma sia una tappa cruciale anche per chi, nel Pd, non ha digerito il governo delle larghe intese. «Marino sarà il nuovo Argan, dopo gli anni del buio sarà l’uomo del cambiamento e del centrosinistra», giura Enzo Foschi, zingarettiano, già consigliere regionale e oggi attivissimo militante della campagna elettorale. A Roma, come nella maggioranza degli oltre 700 comuni italiani che vanno al voto il 26 maggio, il Pd si presenta in coalizione con Sel. Nei giorni dell’elezione al Colle, Marino si è schierato con Stefano Rodotà, «un uomo che rappresenta l’unità del paese». E in quelli successivi ha preso le distanze dalla scelta delle larghe intese fra il suo partito, il Pd, e il partito di Alemanno, l’uomo che deve battere.