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Marini si ri-dimette. L’ultimo spettacolo del tramonto Pd

Marini si ri-dimette. L’ultimo spettacolo del tramonto PdLa presidente della regione Umbria Catiuscia Marini – Ansa

Umbria Dopo lo sgambetto a Zingaretti, la governatrice si arrende. Domenica si vota in molti comuni. Il partito, sfibrato, teme l’avviso di sfratto in vista delle regionali

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 21 maggio 2019

Catiuscia Marini si è dimessa. Replay. Catiuscia Marini si è dimessa un’altra volta. Dopo averlo fatto un mese fa e dopo essersi salvata da sola con il suo voto in consiglio regionale sabato scorso, la zarina dell’Appennino si è arresa ieri mattina, poco prima dell’ora di pranzo, con una lettera inviata alla presidente dell’assemblea legislativa umbra.

LO SPETTACOLO immortalato in una foto d’agenzia che ha fatto il giro dei social network – lei con lo sguardo torvo che alza la mano e respinge le sue dimissioni sotto gli occhi attoniti delle persone che la circondavano al banco di presidenza – è servito solo a movimentare l’ultimo weekend di campagna elettorale, in una tornata che oltre al voto europeo porterà al rinnovo di quaranta consigli comunali in Umbria, tra cui Perugia, data ormai per persa (di nuovo) dal centrosinistra. L’unica spiegazione politicamente razionale del gesto di sabato di Marini è proprio quella di mettere in difficoltà il segretario del Pd Nicola Zingaretti, che già ad aprile l’aveva caldamente invitata a fare un passo indietro. E infatti la zarina aveva commentato il tutto con una frase che sa di provocazione contro il segretario: «Salutatemi Zingaretti», aveva detto ai cronisti ai margini del consiglio regionale incriminato.

Dal canto suo Zingaretti di fronte alle telecamere di Mezz’ora in più, domenica pomeriggio aveva parlato di «grave errore politico». Il problema, però, non è stato tanto la mossa dell’ormai ex governatrice, quanto il fatto che in assemblea 8 consiglieri del Pd su 10 sono andati apertamente contro le indicazioni arrivate dai vertici nazionali. E così si è dimostrato che la presa del segretario sul partito non è poi così salda come il 66% preso alle primarie lasciava pensare. Tutto questo il segretario lo sa, e sempre in televisione ha annunciato che dopo le europee ci sarà ben poco da scherzare in materia di fedeltà alla linea: «Ho combattuto l’idea del partito del leader, ma so che ci vuole un partito con un leader. Se dopo non ci sarà rispetto, chi non lo avrà se ne assumerà la responsabilità».

LA FRITTATA, PERÒ, ormai è fatta e una regione storicamente rossa come l’Umbria si prepara a diventare nuovo terreno di conquista per la destra. Già il capoluogo Perugia e Terni sono sfuggite di mano negli anni passati, adesso con ogni probabilità analoga sorte toccherà a tanti altri comuni più piccoli, in un percorso che porterà alle elezioni regionali (previste per l’autunno) in una condizione critica per il Pd. «La speranza – dice in maniera poco convinta un dirigente perugino – è che Salvini crolli prima, ma è molto difficile crederlo».

IL CENTROSINISTRA NON DEVE solo superare il pastrocchio di questi ultimi giorni, infatti, ma soprattutto deve fronteggiare l’uragano dell’inchiesta della procura di Perugia sulla sanità. Fin qui in manette sono finiti l’ex segretario regionale Gianpiero Bocci e l’assessore Luca Barberini, mentre Marini è iscritta nel registro degli indagati. L’indagine, ad ogni modo, pare destinata ad allargarsi, e comunque andrà a finire, le parole scritte dal gip nella sua ordinanza rimarranno: in Umbria non c’è corruzione, ma un vero e proprio sistema. Da qui i giri di raccomandazioni e di presunti concorsi truccati. L’attacco è contro un intero modo di fare e intendere la politica, un insieme di prassi che sembravano scolpite nel tempo, antiche come la gestione del potere da parte del Pci (e poi Pds, Ds e Pd) in questa porzione d’Italia. Il commissario regionale Walter Verini è molto preoccupato e vorrebbe chiudere la vicenda il prima possibile. Operazione complessa: tra gli alti papaveri dem dell’Umbria quasi tutti hanno moltissimo da perdere e molto poco da guadagnare in questa partita, qualsiasi sarà il suo esito. Il partito è sull’orlo di una crisi di nervi: i fatti dell’ultimo weekend, la tarantella delle dimissioni annunciate, presentate e ritirate, le dichiarazioni incrociate, le allusioni, i segreti confessati che poi non sono più segreti. Istantanee del tramonto, ora drammatico e ora malinconico, di una classe dirigente che credeva di essere eterna.

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