La Fata Turchina 2020, 138 anni dopo il racconto di Collodi, è un’ex modella e attrice rampante: Marine Vacth. Bellissima. E fatale, se non fata, ma chissà. È anche la più legittima reincarnazione della migliore Turchina degli ultimi decenni, l’algida Gina Lollobrigida di Luigi Comencini nel 1971. Pure lei, quasi mezzo secolo dopo, diafana e impossibile. E con una piegolina ironica, forse all’angolo della bocca carnosa o degli occhi di smeraldo o tra le onde azzurre dei capelli. È nata, come tutte le fate, in aprile, il 9, nella Parigi di 28 anni fa. Suo padre non è falegname, ma pialla le strade: è camionista. Madre, ovviamente, contabile. È da lei che la Fatina ha imparato i precetti immutabili, di severità algebrica, delle buone maniere, che ha impartito ogni volta all’impreparato Pinocchio. Abbandonato quasi subito il liceo, forse in pre-solidarietà con il burattino spacciatore d’Abbecedari, a 14 anni, ancora bimba, come Pinocchio, la sua vita diventa una fiaba. In un H&M dove si era riparata dalla pioggia, viene notata da un’agente di moda che le propone di divenire modella. A 19 anni, Cédric Klapisch la sceglie tra mille altre come interprete della bella Tessa in Ma part du gâteau. E tre anni dopo, eccola musa del celebrato François Ozon, che ne fa la protagonista di Jeune& Jolie – premiata a France Odéon di Firenze, dove l’abbiamo incontrata la prima volta, incinta di 4 mesi del primo figlio, avuto dal suo compagno fotografo Paul Schmidt – e poi, nel 2017, di L’Amant double. Mentre Chanel la sceglie come sua neo-musa, il cinema la chiama in Belles Familles di Jean-Paul Rappeneau, in Si tu voyais son cœur di Joan Chemla e, adesso, nel Pinocchio di Matteo Garrone, con Roberto Benigni Geppetto e Gigi Proietti Mangiafoco. Abituata agli sdoppiamenti, propri (in Jeune & Jolie) o altrui (in L’Amant double), Marine Vacth rimane monolitica e unica, tanto che per la sua apparizione in sembianze di bambina il film ricorre a un’attrice infantile: a dispetto di tutte le acrobatiche trasformazioni nel libro di Collodi dove la Fatina si triplica e quintuplica, dalla Lumaca alla Capretta, alla massaia nell’Isola delle Api. Come tutte le fate, un po’ introversa e segreta, Marine si rende il più possibile invisibile ai media, accordando rarissime interviste, come questa, ottenuta ai Rendez-vous di Unifrance.

Folleggiando, Benigni ha detto che Pinocchio è per Matteo Garrone una svolta epocale : il suo primo film a lieto fine.
Effettivamente, dal regista di L’imbalsamatore e di Gomorra non c’era da aspettarsi questo incontro con un personaggio così fiabesco. Anche se, non dimentichiamolo, Garrone è pure il regista di Il racconto dei racconti. E si può immaginare la favola di Pinocchio senza lieto fine?

Svolta epocale anche per lei: per la prima volta non appare nuda sullo schermo.
Sono un’attrice. E gli attori indossano costumi. Anche la nudità, per me, è un costume.

Ozon l’ha definita attrice ‘opaca’ e, anche, bellezza dotata di un’aura misteriosa, quella che trasforma le attrici di Hollywood in star. È d’accordo?
Giudizi, o etichette, d’un regista come Ozon. Una volta mi ha anche detto che sono come una pagina bianca. Espressione divertente, no? Chissà, è forse per questo che lo ispiro e che mi ha già chiamata in due film: magari, in me, pagina bianca, lui arriva a proiettarsi e dunque a immaginare i suoi personaggi e poi le sue storie. In fin dei conti, non è a questo che servono gli attori?

Da modella a attrice osée per Ozon : perché continua a alternare il lavoro di mannequin ai suoi impegni di cinema?
Son due esperienze complementari per me. Vivo le riprese d’un film come una maratona e le sedute fotografiche come uno sprint: le due facce della stessa medaglia. Fin che posso, continuerò a sdoppiarmi. L’alternanza mi fa bene. Posso permettermi così di non girare un film dietro l’altro e, soprattutto, di non accettare parti che non ho alcuna voglia di interpretare. Maggiore libertà, insomma. Senza contare che mi piace un mondo lavorare con determinati fotografi: sono esperienze spesso molto creative, che ti arricchiscono. Cinema e fotografia sono sotto certi aspetti molto simili: per entrambi, vengono in primo luogo la rappresentazione, la finzione e la luce …

Ha modelli d’attrice? O di modella?
No, non c’è nessun idolo nei miei pensieri, né nelle mie aspirazioni. Questo non significa che non ci siano attrici per le quali nutro grande ammirazione: a esempio, Gena Rowlands per le sue interpretazioni, la grande varietà di emozioni che trasmette dallo schermo, la collaborazione con il marito, John Cassavetes. Ma non mi piace fare nomi, stilare liste: tutto estrememente riduttivo.

Due volte attrice per Ozon, due volte per Chemla : importante per lei la complicità con un autore?

No, non particolarmente. Le mie scelte non sono mai in funzione d’una carriera: non ho mai in testa piani per il giorno dopo. Accetto solo quei ruoli che mi piacciono : recito unicamente con quei registi che sento vicini e dei quali stimo il lavoro. A guardar bene, il mestiere d’attrice mi si è inventato addosso: l’ho cominciato proprio per caso. Perché, allora, farne una strategia, un progetto?

C’è un altro caso: la proposta di divenire modella a 14 anni. Perché ha accettato?
Per la voglia di cambiare: uscire dal mio ambiente, fare nuove conoscenze, viaggiare, prendere aria! … Ero una ragazzina di 14 anni, è vero, ma mi sentivo soffocare nella mia vita d’adolescente. Quella proposta, devo dire, è arrivata proprio al momento giusto. È anche vero che ce ne ho messo di tempo prima di adattarmi a questo mestiere e alle prime fotografie di moda.

Per quale motivo?
Perché la moda e tutto quel che le va dietro erano davvero a mille miglia dal mio universo familiare. Ma è proprio grazie a questo primo mestiere che ho potuto approfittare d’una autonomia economica, che mi ha permesso d’emanciparmi ancora giovanissima e di scoprire nuovi mondi. In tal senso, il lavoro d’avvio è stato per me una vera liberazione.

Come ha vissuto, dopo, il passaggio al mondo del cinema?
In modo abbastanza naturale. Non sono stata io a cercare, le proposte mi son piovute dal cielo. Anche nel cinema, come nella moda, sono sempre stata scelta. Una bella fortuna. E quanto ai ruoli, mi son sempre lasciata guidare dalla mia curiosità e dalla mia intuizione. È stato solo a partire da Jeune & jolie, all’indomani delle riprese, e soprattutto all’indomani del Festival di Cannes, che sono diventata attiva nel mio desiderio di continuare sulla strada del cinema. Dopo di che, il mio personaggio così diverso in La Confession di Nicolas Boukhrief è stato una conferma basilare: film d’epoca, con dialoghi scritti in punta di penna. Nulla a che fare con la mia Isabelle in Jeune & jolie. Nessuna approssimazione: o attrice o niente.

Non ha poi seguito alcun corso d’arte drammatica: attrice d’istinto?
Sì, sono autodidatta. È poco ma sicuro! Dal mio esordio, ho l’impressione d’essere un’attrice ausiliaria. Sperimento, in modo alquanto artigianale. Ne tento una, poi ricomincio con un’altra. E non intellettualizzo mai: o pochissimo.

Attrice controcorrente: in un milieu di teorizzazioni e auto-incensamenti.

Sarà, ma non è proprio il mio caso.

Questione di pudore?

Forse. Stranamente, anche se mi muovo nel mondo dell’immagine – attrice di cinema e modella –, non mi piace contemplarmi né analizzarmi. Preferisco il fare, essere dentro l’azione. I commenti m’interessano meno. E poi, detto tra noi, siamo sinceri : non è che abbia quella grande esperienza d’attrice …